«Ridare voce agli elettori è stato atto di coraggio»

Ai “piani alti” della Lega nord, dopo una militanza durante praticamente… una vita. Il lodigiano Andrea Gibelli, classe 1967 e una laurea in architettura, ha giurato fedeltà al Carroccio e dopo essere stato il numero due di Roberto Formigoni al Pirellone, adesso torna in Parlamento. Alla Camera, più precisamente, con la certezza di entrare a palazzo Montecitorio. Un ambiente che conosce bene sia per essere stato deputato in occasione di quattro legislature, sia per essere stato presidente della Commissione attività produttive. In Regione Lombardia ha assistito al terremoto che ha travolto la giunta, ma prima di rassegnare le dimissioni si è concentrato sul mondo dell’impresa e su tutto ciò che ruota attorno a industria, artigianato, edilizia.

Come ha vissuto dall’interno la caduta della giunta Formigoni?

«É stato un atto di chiarezza e di separazione rispetto all’ambiguità che rischiava di confondere il buon governo con un fatto inaspettato, quello che riguardava la raccolta di voti legati all’ndrangheta da parte di un assessore regionale. È stata una grande sorpresa ed era necessaria un’azione forte, non poteva passare l’idea strumentale che la Lega e lo stesso Pdl continuassero dopo questa situazione di “inquinamento”. Ridare il voto agli elettori è stato un atto di coraggio».

Avete chiesto le dimissioni di Formigoni a causa dell’inchiesta che ha coinvolto l’assessore Zambetti e il “voto di scambio” con la ‘ndrangheta. E adesso questo rischio non c’è più? Come si fa a vigilare?

«Ci sono due aspetti: gli atti amministrativi non sono stati coinvolti da questa vicenda. Gli strumenti di vigilanza sugli atti amministrativi esistono, la nostra è una Regione che ha un pareggio di bilancio e nel rispetto delle condizioni certificate da altri organi, su questo non abbiamo molto da temere. Una delle condizioni introdotte nel nostro programma è quella di rafforzare gli strumenti esterni che consentano di vigilare».

Cosa si sente di aver portato a casa per il Lodigiano nel suo ruolo di vice governatore?

«Abbiamo concorso, dentro il lavoro di squadra e con il coinvolgimento del territorio, a un importante bilancio che può essere intestato a Regione Lombardia. Attraverso fondi Cariplo e finanziamenti di misure che in passato vedevano il Lodigiano escluso, la Regione ha portato 170 milioni di euro nel Lodigiano».

Qual è la priorità del Lodigiano?

«La priorità è la seguente: in ragione di quel risultato unico, ma sempre migliorabile, del trasferimento di risorse, non bisogna perdere la catena di collegamento costruita tra Comuni, Provincia, Regione e Stato. Dialogare a tutti i livelli possibili è stata una fortuna».

Tenere il 75 per cento delle risorse in Lombardia è un sogno o una “bufala”?

«Chi dice che non è possibile, non dice mai perché, sia nel merito che nella forma. Nella forma è sufficiente una legge nazionale. Perché il 75 per cento non è mai stato tenuto? Perché non è mai emersa la convinzione politica. La costituzione di una macro regione permetterà di acquisire una maggiore forza negoziale, a quel punto la legge sul 75 per cento diventerà la premessa obbligatoria se ci si vuole sedere al tavolo delle regioni. Sarà un’area unica, uno dei primi Pil in Europa, con un peso politico e di rappresentanza molto forte».

Cosa risponde a chi vi accusa sulle quote latte?

«È un tema che ha dimostrato come la Lega difendendo il mondo agricolo non abbia mai fatto venir meno l’attenzione nei confronti di questa realtà. Le maggiori sigle sindacali che rappresentano il mondo agricolo, in ogni circostanza riservano a Maroni un’importante accoglienza, lo si vede dalle domande che pongono e dal numero di persone che partecipano. Non si tratta affatto di eventi che possono essere derubricati a incontri di circostanza. Anche sulla questione dei nitrati la Lega ha espresso una posizione precisa».

Nell’ottica leghista, passare dalla Regione al Parlamento è una promozione o un passo indietro?

«Avendo oggi un candidato della Lega alla presidenza della Regione è evidente che il ruolo di vice sarà affidato al Pdl. Per quanto riguarda la mia candidatura e tutti i parlamentari candidati, oltre ai consiglieri regionali, siamo tutti indistintamente a disposizione del presidente Maroni qualora deciderà di avvalersi delle diverse esperienze».

Torna in Parlamento dopo diverse legislature alle spalle, non sono troppe?

«Quello che conta sono i risultati. Se si fa la media dei candidati lodigiani, l’età va da 26 a 45 anni. Non ritengo però che a 45 anni, con 11 anni di Parlamento alle spalle, si sia raggiunto il capolinea se si hanno ancora tante energie da impiegare. Anche perché noi abbiamo sempre fatto in modo che l’esperienza delle persone crescesse, per gli altri si tratta solo di specchietti per le allodole, ci sono figure che non hanno mai visto nemmeno un assemblea di condominio».

Quanto prende oggi un parlamentare?

«Non lo so più, è molto che non frequento Roma».

Quanto dovete destinare al partito?

«Il 50 per cento dell’indennità deve essere dato alla Lega».

Crede che il numero dei parlamentari e i loro compensi debbano essere ridotti?

«Sì, in ragione di una condizione che mi mette al di sopra di ogni sospetto: la riforma della devolution aveva già dimezzato i parlamentari, noi ora la riproponiamo».

La città di Lodi avrà un candidato sindaco leghista? Sarà l’assessore provinciale Matteo Boneschi?

«Come in tutte le circostanze sarà una decisione fatta a bocce ferme, valuteremo dopo il risultato di febbraio, attraverso un confronto serio con gli alleati. É una questione di scelta degli uomini migliori, abbiamo delle persone apprezzate che possono correre per la guida della città. Tutto questo con una speranza personale, che il prossimo sindaco abbia la patente di guida».

A differenza del passato, questa volta in Parlamento lei non sarà l’unico lodigiano, con tutta probabilità ci sarà anche l’ex sindaco di Lodi, Lorenzo Guerini. Teme la concorrenza?

«Dopo che avrà fatto il capogruppo alla Camera e il presidente di una delle più importanti commissioni, inizieremo a discutere di concorrenza».

Qual è lo stato di salute della Lega nord nel Lodigiano?

«Ottimo, conta l’affiatamento. Tutti i candidati sono al lavoro, in più abbiamo aperto nuove sezioni a Casale, Borghetto e Sant’Angelo, l’ulteriore radicamento rappresenta l’attaccamento della base al nostro progetto».

È vero che alla fine è sempre lei a decidere sulle questioni che riguardano il Lodigiano, nonostante il partito sia strutturato sul territorio?

«Non è così, anzi, è esattamente il contrario: c’è un segretario, come c’è sempre stato. Quando sono invitato ai direttivi provinciali partecipo dicendo la mia, ma le decisioni importanti tengono sempre conto della sensibilità di tutti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA