
Lettere al Direttore / Lodi
Giovedì 29 Maggio 2025
«La tragedia inenarrabile nella striscia di Gaza»
«Questi ultimi 20 mesi ci documentano l’emergere di un processo di disumanizzazione del nostro vivere come persone e come società
Manca ormai soltanto una sentenza della Corte internazionale di giustizia per sancire se il massacro di vite palestinesi e la distruzione di abitazioni, moschee, ospedali, scuole, biblioteche, archivi, strade, sorgenti, campi coltivati, siano stati un genocidio. La coscienza civile dei popoli ha già acquisito consapevolezza che quanto avvenuto negli ultimi venti mesi nella Striscia di Gaza - e continua ad avvenire - è una tragedia inenarrabile non soltanto per le dimensioni della devastazione del territorio e delle vite dei suoi abitanti, ma per il fatto che tutto questo si è compiuto sotto il nostro sguardo, a portata di un clic sui nostri computer. Come cittadini ci siamo sentiti impotenti, ma non indifferenti. Indifferenza e autocensura ci sono state da parte dei grandi organi di stampa e dei governi.
Il silenzio o balbettio dei governi occidentali e il loro sostegno - politico, finanziario e in armamenti - alla condotta criminale della guerra, sono stati determinanti nel permettere al governo israeliano di oltrepassare di volta in volta ogni limite, così che si va ora profilando una “soluzione finale” della questione palestinese attraverso la combinazione di pratiche genocide e di pulizia etnica; quest’ultima riguardante anche zone della Cisgiordania. L’obiettivo, ormai esplicitato, è rendere invivibile Gaza per i palestinesi: rinchiuderli stipati e sorvegliati in un’area ristretta, impedirgli una vita dignitosa, totalmente dipendenti dall’aiuto di Stati e organizzazioni umanitarie. Perfino non viene più taciuta la possibilità di una deportazione di massa. In questi giorni alcuni governi occidentali stanno prendendo le distanze dalla ferocia dell’esercito israeliano, ma nei fatti resta inossidabile l’alleanza con Israele, mentre governi e media continuano a considerare antisemitismo e a reprimere ogni forma di critica alle scelte di Netanyahu e degli ebrei fondamentalisti.
All’origine di questo incancrenimento della situazione e dell’evanescenza di ogni soluzione politica - nonostante l’ipocrisia dei leader politici europei che ripetono il mantra della “soluzione a due Stati” - sta il non riconoscimento, da parte degli israeliani, dei palestinesi come esseri umani e del loro pari diritto ad abitare la terra tra il Giordano e il mare e a costituire un proprio Stato sulla superficie occupata da Israele nella “guerra dei sei giorni” (giugno 1967). La popolazione israeliana non soltanto usa abitualmente il termine “arabi” per indicare i palestinesi, ma anche li ritiene esseri inferiori, “animali”, non esseri umani. Negare l’umanità dei palestinesi costituisce la premessa per rapportarsi con loro in modo violento, mirando alla loro umiliazione, alla loro disumanizzazione, che consente di eliminarli senza rimorsi.
A spiegare in parte tutto ciò sta il trauma del genocidio di cui gli ebrei sono stati vittima ad opera del nazismo. Trauma che è costitutivo del processo che ha portato alla fondazione di Israele nel maggio 1948, facilitata dagli Stati europei per risarcire gli ebrei di secoli di persecuzioni, oltre che per avere un proprio alleato in un’area strategica come il Medio Oriente. Trauma che è riemerso con il massacro e la cattura di ostaggi del 7 ottobre 2023 ad opera dei fondamentalisti di Hamas. Ma anche le vite dei palestinesi hanno in memoria un trauma: la “Nakba”, ossia la pulizia etnica subìta con la distruzione dei loro villaggi e la cacciata di centinaia di migliaia di palestinesi da parte dell’esercito israeliano nel 1948-49. Trauma che si è rinnovato dopo la “guerra dei sei giorni” (1967) prima con una nuova ondata di espulsioni, poi con l’avvio della fondazione di colonie israeliane sul territorio assegnato al “futuro” Stato di Palestina: attualmente almeno 750.000 coloni israeliani vi si sono insediati e cercano con la violenza e la sopraffazione, appoggiati da governo e esercito, di rendere impossibile la vita dei palestinesi per costringerli ad andarsene.
Tutti i governi succedutisi in Israele hanno permesso o incentivato l’insediamento di colonie, divenuto l’ostacolo insormontabile per la costituzione di uno Stato di Palestina. Questo è avvenuto in violazione delle Risoluzioni dell’ONU e del diritto internazionale. Quello che abbiamo lasciato accadere in questi ultimi venti mesi ci documenta l’emergere di un processo di disumanizzazione del nostro vivere come persone e come società. È quindi impellente trovare le energie per salvare l’umano in noi.
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