Muti racconta Verdi, il suo nume tutelare

Esce per Rizzoli Verdi, l’italiano, libro curato da Armando Torno e cesellato da Riccardo Muti e tutto dedicato al “cigno di Busseto” del quale il prossimo anno cade il bicentenario della nascita. Ciò avviene a pochi giorni dalla data ambrosiana dell’inaugurazione della nuova stagione scaligera, già strusciata dalle polemiche che hanno investito il celebre teatro milanese per la scelta di aprire con un’opera wagneriana, nonostante poi anche il vate di Bayreuth sia nato il medesimo 1813. Presentato durante la manifestazione di Book City, il libro raccoglie per capitoli i tanti ricordi, aneddoti e riflessioni che hanno affollato la vita e la carriera del grande direttore d’orchestra d’origine napoletana. Dai primi ascolti adolescenziali guidati dal padre medico, dilettante di canto fino al confronto serrato con i suoi maestri quali Antonino Votto che per linea diretta aveva assorbito la lezione toscaniniana del vero suono verdiano. Infatti, Toscanini era stato violoncellista in una delle orchestre dirette dal compositore emiliano. Ma, oltre al sublime operista, al raffinato uomo di teatro, al magnifico interprete di libretti Riccardo Muti non disconosce, anzi tutt’altro, l’alto valore civile e risorgimentale avuto da Verdi in anni non proprio facili: vissuti sotto il giogo straniero e poi una volta “liberi” impegnati alla costruzione di un paese.

Insomma, per il direttore d’orchestra, Verdi non è solo il nume tutelare al quale guardare, ma anche un risolutore direttamente impegnato nelle questioni più scottanti di una nazione.

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