Va attuato il riuso delle aree dismesse e di intere parti delle città lodigiane

«Come Ordine professionale saremmo avvantaggiati nella Città metropolitana. Ma penso che per l’intero Lodigiano il ritorno con Milano sarebbe una grande opportunità».

Laura Boriani, presidente dell’Ordine degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia di Lodi, non è soltanto nell’interesse della propria categoria che inquadra il tema del futuro amministrativo del Lodigiano. L’ingresso nella Città metropolitana, dice, favorirà col tempo uno sviluppo culturale ed economico e «non ci impedirà di avere delle sentinelle locali che possano svolgere funzioni di controllo del territorio».

Che tipo di “sentinelle” immagina?

«Dei presìdi locali che in vari ambiti facciano da punti di riferimento per il territorio. Per quanto ci riguarda, con l’ordine degli ingegneri e quello dei geologi abbiamo in progetto di istituire un osservatorio territoriale che ci permetta di intervenire su questioni di stringente attualità che riteniamo debbano avere un contributo tecnico».

Quali?

«Ad esempio gli insediamenti della logistica, lo stoccaggio di gas a Cornegliano, la pianificazione urbanistica a livello territoriale. Abbiamo già redatto il protocollo d’intesa, dobbiamo solo ratificarlo».

In effetti tra i sindaci c’è chi non nasconde il timore che la periferia di Milano possa estendersi sul nostro territorio. Nella Città metropolitana, ci ricordano, non c’è più un metro quadro di suolo libero…

«Quello di nuovi insediamenti produttivi potrebbe essere un rischio, ma va anche osservato che la legge regionale 31 pone dei vincoli al consumo del suolo, la tendenza è il recupero delle aree dismesse e la riqualificazione del suolo degradato. Ma proprio su questi temi saremo presenti con l’osservatorio, potremo comunque portare avanti le istanze della comunità lodigiana. Se posso aggiungere alcune valutazioni personali, le dirò che io sono favorevole alla teoria della decrescita, argomento complesso e dibattuto, anche avversato dai sostenitori del modello di sviluppo sostenibile».

Ci spieghi…

«Io credo che sia auspicabile imparare a vivere il territorio secondo le sue possibilità, cioè in una logica di autosufficienza, ripensando i nostri rapporti con l’altro e riportando equilibrio nel modo di vivere l’ambiente. È appunto un discorso molto complesso, ma andrebbe affrontato».

Provi ad abbozzarlo…

«Personalmente e al netto della crisi economica, sono convinta che l’equazione: ‘crescita illimitata del Pil = migliore qualità della vita’ non possa più valere, specialmente se questo sviluppo avviene consumando risorse materiali ed energetiche limitate».

Si spieghi meglio.

«Potrebbe sembrare utopistico pensare che possano esistere modelli alternativi a quello dello sviluppo, ma credo che il tempo in cui viviamo sia la testimonianza evidente che occorre fermarsi, riflettere seriamente sul fatto che stiamo distruggendo l’unico pianeta che abbiamo a disposizione. E questo in un modello che implica ingiustizia sociale e sfruttamento dei paesi del Sud del mondo. Dobbiamo fermarci e chiederci se la crescita sia ancora un obbiettivo cui tendere per migliorare le nostre condizioni di vita o se sia opportuno rivalutare altri parametri per misurare la qualità della vita stessa».

Come caliamo il discorso nell’ambito della futura pianificazione urbanistica e industriale della Città metropolitana?

«Ritengo che i concetti alla base della teoria della decrescita possano essere declinati, sicuramente, nella riduzione proiettata allo zero del consumo di suolo, nella riqualificazione delle periferie per conseguirne la vivibilità, nell’attenzione alla salvaguardia degli ecosistemi. Andrebbe poi attuato veramente il riuso delle aree dismesse e di vere e proprie parti di città, con attenzione al miglioramento delle relazioni tra le persone ed alla qualità della vita. Per far questo occorre riportare al centro del dibattito il concetto di ‘progetto’ a tutti i livelli. Quando parlo di progetto lo intendo in senso ampio: anche la politica locale dovrebbe riscoprire la progettualità, uscendo dalle secche della mera ordinaria amministrazione».

Ammetterà che non è facile. Sarebbe una scelta eticamente ammirevole ma politicamente suicida. Ormai per la politica passato e futuro sono due concetti senza profondità…

«Però la progettualità è indispensabile. Confido che l’ingresso nella Città metropolitana possa riportarla al centro della politica amministrativa. Solo così, tornando al discorso iniziale sulle preoccupazioni dei sindaci, si potranno scongiurare interventi invasivi e irrispettosi del nostro territorio».

Soldati sta cercando di anticipare i tempi del “trasloco”. È d’accordo?

«Se ci saranno le condizioni, meglio anticipare quello che avverrà comunque. La Regione al riguardo si è già espressa con la proposta degli otto cantoni disegnati sulla base delle Ats. In questo schema siamo già con la Città metropolitana. Inoltre sempre la Regione pochi giorni fa ci ha annunciato che anche la nostra Ster, le sede territoriale della Regione, è stata riorganizzata in Ufficio territoriale della Città metropolitana. La strada sembra già tracciata, dunque bene fa Soldati a cercare di anticipare i tempi».

Del parere dell’Assemblea del Lodigiano, unica voce dei cittadini, si dovrà tener conto? Presto presenterà la propria relazione. I rilievi critici non dovrebbero mancare…

«Ho partecipato ad un incontro dell’Assemblea lo scorso novembre per capire come si stesse muovendo il territorio. Ho avuto una buona impressione, ho visto interesse e partecipazione. Ma, come si diceva prima, le decisioni sembrano già state prese».

Pensa che il territorio si schiererà compatto per la Città metropolitana?

«Non riesco ad immaginare se ci sarà o no l’unità del territorio. Forse i comuni più lontani da Milano potrebbero fare ragionamenti diversi da quelli più a nord. I sindaci dovranno essere capaci di fare un’analisi approfondita su vantaggi e svantaggi e di mettere da parte ragionamenti campanilistici».

Veniamo all’Ordine degli architetti. Quali vantaggi deriverebbero ai vostri 420 iscritti dall’ingresso del Lodigiano nella Città metropolitana?

«Nella bozza del disegno di legge delega sulla riorganizzazione degli ordini e dei collegi professionali, di cui abbiamo preso visione nell’ottobre dello scorso anno, sono previsti gli accorpamenti delle sedi provinciali. Se, come auspichiamo, sarà rispettato il criterio con il quale saranno accorpati i territori, l’unione con Milano ci garantirebbe un maggior numero di servizi: dalla consulenza fiscale a quella legale, dalla formazione agli sportelli di ausilio sia al pubblico che agli iscritti. Inoltre la nostra quota associativa costerebbe meno, e anche questo aspetto, seppur secondario, avrebbe la sua importanza».

In Lombardia come si stanno muovendo le sedi provinciali dell’Ordine?

«A livello regionale c’è resistenza agli accorpamenti, forse per campanilismo e per, diciamo così, un certo attaccamento alla poltrona. In Lombardia ci sono dodici sedi provinciali, in Italia centocinque. Noi pensiamo che non si possa più continuare a fare dodici volte le stesse cose in Lombardia e centocinque in Italia. Non ci sono fondi a disposizione, non ha più senso gestire le cose in questo modo».

Milano sarebbe per voi l’unica soluzione sensata?

«La forza dell’Ordine degli architetti di Milano non è paragonabile alla nostra. Loro possono contare su dodicimila iscritti, hanno un bilancio di un milione di euro, il nostro è di novantamila euro. Significa che per gestire le stesse funzioni abbiamo molti meno fondi a disposizione. Ed anche rispetto agli ordini di Cremona e Pavia, entrambi con circa 700 iscritti, siamo svantaggiati. Tutto questo in considerazione del fatto che il carico burocratico sugli ordini è notevole».

Il vostro Consiglio approverebbe all’unanimità l’accorpamento con Milano?

«L’orientamento è condiviso, tanto più che tornare con Milano non rappresenterebbe un grosso problema logistico. Non solo per la comodità di spostamento garantita dalla rete ferroviaria, in particolare dalla linea suburbana. Ma anche perché oggi molte funzioni possono essere espletate online. E Milano anche da questo punto di vista è molto ben strutturata. L’accorpamento sarà un percorso un po’ lunghetto, ma la direzione è questa».

Fiduciosa sul futuro del Lodigiano?

«Sì, bisogna sempre pensare positivo. Questa della Città metropolitana è una grande opportunità, dobbiamo giocarcela bene».

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