Un’agricoltura che sperimenta, la sfida dei coniugi Vailati Riboni

Non ci consideriamo un’eccellenza ma un’azienda agricola multifunzionale, la prima ad avere sperimentato questa strada nel Lodigiano. Questo sicuramente». A Terranova de’ Passerini i coniugi Carlo e Paola Vailati Riboni, agricoltori con solide radici lodigiane (otto generazioni e un avo, Annibale, fondatore del Consorzio Agrario di Milano e sindaco di Casalpusterlengo) hanno scommesso sulla sperimentazione per garantire alla loro azienda agricola un futuro solido come il suo passato. Dei 50 ettari di terra 10 sono stati convertiti a colture orticole che spaziano da quelle classiche (cavoli, pomodori, verze) alle angurie (il primo raccolto l’anno scorso) ai ceci allo zafferano, ultimo arrivato: «Tutto a mano, dalla messa a dimora alla raccolta degli stimmi». La stalla ospita circa sessanta vacche e vitelli razza Limousine (da carne) che presto avranno a disposizione un pascolo libero, realizzato recintando parte di un campo adiacente. A questo si aggiungono una sessantina di galline, asini, oche, alberi da frutta, filari di mirtilli, fragole e lamponi e bordure di lavanda. I prodotti sono in parte utilizzati per l’alimentazione degli animali (come orzo e frumento), in parte per la ristorazione (l’azienda è anche agriturismo), in parte venduti nello spaccio interno o nel circuito dei gruppi di acquisto. Il tutto con un piede nel passato (l’archivio-museo dell’azienda è stato riconosciuto nel 2010 «di interesse storico a livello nazionale») e gli occhi rivolti al futuro. Un futuro che passa per la riconversione al biologico e un approccio all’agricoltura che vede come valori aggiunti il risparmio energetico (per irrigare gli ortaggi si usa il sistema a goccia), il riuso, il compostaggio, l’utilizzo di trappole naturali per gli insetti dannosi (acqua, zucchero, aceto, una bottiglia, un particolare tipo di tappo: nient’altro) e la contaminazione con attività didattiche e sociali non nuove nel panorama lodigiano ma qui declinate con un approccio nuovo. Non si parla però di due sognatori che improvvisano improbabili progetti di ritorno a Madre Terra. Tutt’altro. Carlo Vailati Riboni ricorda e cita il prezzo di ogni singola piantina messa a dimora mentre la moglie ben sa cosa significhi districarsi nei labirinti della burocrazia tra aziende sanitarie, assistenti sociali, sindaci e assessori. Persone concrete: «Irrigare con il “goccia a goccia” non fa solo risparmiare acqua - sottolinea lui -. Fa risparmiare migliaia di euro di bolletta a fine anno». Insieme i coniugi guidano un’azienda di cui esistono scritti e documenti risalenti a trecento anni fa. Sono archiviati e custoditi nell’archivio dell’azienda, di cui abbiamo già trattato in queste pagine per la rubrica “I musei che non ti immagini”. Fa certamente riflettere, dunque, sentire i due coniugi parlare di colture qui sconosciute fino a pochi anni fa. «Il passato è la nostra storia e ne abbiamo rispetto ma restare fermi su quello che si è sempre fatto è un errore - riflette la signora Paola -. Quando abbiamo messo a dimora le fragole mi davano della matta. L’alternativa, però, è l’immobilismo». Un immobilismo che è l’anticamera di ogni crisi: «Da imprenditore -commenta il marito - devo prestare attenzione al nuovo. Quello del veganesimo, per esempio, è un settore dove la richiesta di prodotti biologici è in crescita. Con la mia azienda agricola voglio provare a rispondere a questa domanda oppure voglio continuare a coltivare mais sapendo che con il mais oggi si perdono soldi?». L’aspetto economico è sempre presente nei discorsi dei due coniugi ma non è mai fine a se stesso: «Per la commercializzazione dei nostri prodotti prediligiamo il mercato locale, canali quali i gruppi di acquisto solidali, la vendita on line e nel nostro spaccio - spiega Vailati Riboni -. Se si accorcia la filiera e si eliminano alcuni passaggio bisogna però essere onesti e non mettere sul prezzo quei ricarichi che vengono a mancare. Non posso pretendere che qualcuno venga da Casale o da Lodi a fare acquisti da me pagando i prodotti più di quanto li pagherebbero nel negozio sotto casa». Sperimentare, infine, significa anche imparare a correggersi in corsa . «La nostra prima stagione delle angurie (il 2016, ndr) si è conclusa in perdita - riconosce con onestà il marito -. Abbiamo commesso alcuni errori, in parte dovuti a indicazioni ricevute. Abbiamo provato a comprenderli, ci siamo rivolti a un consulente e quest’anno rimetteremo a dimora le angurie». Garantendo anche questa estate, è bene ricordarlo, posti di lavoro. Lavoro stagionale prezioso, in tempi di crisi come questi. Fino a qualche anno fa, con le colture tradizionali, l’azienda dava lavoro a una persona sola. Per il periodo di picco della stagione 2016 ne sono state regolarmente contrattualizzate quindici. Un’agricoltura che crea lavoro. Pare fantascienza invece accade.

(Ha collaborato Antonella Ferrari)

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