Una lapide per i carabinieri lodigiani che morirono per fermare il colera

Berceto omaggia i carabinieri lodigiani morti per fermare l’epidemia di colera: Carlo Belfanti di Corno Giovine e Pasquale Frati di Valera Fratta. Con loro, il terzo uomo: Giovan Battista Bermond di Beaulard, di Susa. A distanza di 132 anni, mercoledì e giovedì, il circolo culturale “Giuseppe Prezzolini” e il gruppo alpini ha ricordato il sacrificio dei tre militari morti nel 1884, fra il 17 e il 19 agosto, durante le operazioni di soccorso della popolazione colpita dal colera a Bergotto, frazione di Berceto (nel Parmense). In una lapide posta al campo santo del paese sono incise le loro vite, che sono state commemorate alla presenza del prefetto Giuseppe Forlani e del sindaco di Berceto Luigi Lucchi, che conosce bene la storia dei tre uomini dell’arma.

Le loro tombe infatti non si trovano nel cimitero, ma in un fazzoletto di terra di proprietà della famiglia di Lucchi.

Dopo la conferenza storica al circolo Prezzolini di mercoledì, ieri i carabinieri sono stati ricordati in occasione della Santa Messa nel Duomo di Berceto, cerimonia a cui è seguita un lungo corteo fino al Camposanto, dove, di fronte alla lapide eretta a perenne ricordo, è stato sottolineato il sacrificio dell’appuntato Frati Pasquale e dei carabinieri Giovan Battista Bermond e Carlo Belfanti, morti nell’adempimento del loro dovere. Erano addetti al cordone sanitario che isolava la località Bergotto, colpita dal morbo del colera, dal paese di Berceto. Obiettivo? Preservare il capoluogo da questo morbo. «Questi tre carabinieri, di cui due originari del Lodigiano, sono morti insieme a un civile di Berceto, nel bosco di proprietà della mia famiglia, all’interno del seccatoio delle castagne – ha raccontato il sindaco Lucchi -: sono stati sepolti, volutamente, fuori dal cimitero di Berceto, in una radura, dove la pietà cristiana dei bercetesi era solita, fino agli anni sessanta, portare fiori; le loro tombe sono state contrassegnate da un albero da frutto, per motivi simbolici e affinché fossero rispettate – ha continuato -: ho sempre sentito raccontare questa vicenda anche da testimoni oculari del tempo come Luigi Lucchi, che era un mio prozio». Nella Bassa il ricordo dei due militari di Corno Giovine e Valera è più che sbiadito, ma non per il sindaco di Berceto che ne ha custodito la memoria. «Da bambino, quando andavo a pascolare le vacche in questa proprietà, vedevo mio padre ripulire le tombe per renderle decorose – ha raccontato Lucchi -, si trattava infatti di un sacrificio che aveva colpito tutta la comunità, addolorata per la scomparsa di questi eroi lontani dalle proprie case». Da qui l’attaccamento degli abitanti di Berceto alle forze dell’ordine. E la riconoscenza verso la sponda lodigiana del Po. Quindi la proposta lanciata dal primo cittadino: intitolare la caserma di Berceto ai tre militari. «È una proposta da vagliare insieme a Prefettura e comando dei carabinieri», ha concluso. Nel caso, il Lodigiano non potrà mancare alla cerimonia.

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