Troppi cesarei nel Lodigiano, a Codogno il record

Ancora troppi parti cesarei in ospedale. L’amministrazione ospedaliera ha imposto la riduzione, così come l’Organizzazione mondiale della sanità: costano troppo e sono più rischiosi del parto naturale. A Lodi la quota, nel 2015, era di circa il 27 per cento e l’obiettivo è di arrivare a 25. A Codogno, invece, dove la percentuale era del 39 per cento, l’obiettivo era di arrivare al 33.

A Lodi il 27 per cento

«Per quanto ci riguarda - commenta il primario di Lodi Marco Di Mario - nel 2015 abbiamo avuto 1400 parti. Arrivare a una percentuale più bassa è difficile, ma ci stiamo provando. Cerchiamo di convincere le donne che vogliono affrontare il cesareo senza motivi al primo bambino. Abbiamo fatto un documento nel quale spieghiamo alle mamme che hanno già sostenuto il cesareo i rischi ai quali vanno incontro affrontando con il secondo figlio un parto naturale. Non possiamo, anche per ragioni medico legali, non specificarlo. Le donne che però hanno provato a fare il travaglio di parto, nel 70 per cento dei casi sono riuscite a partorire in modo naturale».

Codogno ha il 39 per cento

A Codogno, dove da tempo il numero dei cesarei è troppo alto, nel 2015 la percentuale era di circa il 39 per cento. «Quest’anno stiamo diminuendo - spiega il primario Salvatore Zanoni -. Proponiamo alle donne in gravidanza l’epidurale e poi l’utilizzo della ventosa ostetrica con risultati notevoli».

«Torniamo ai parti in casa»

La media italiana dei parti cesarei è del 25 per cento e quella del Nord Europa del 16 per cento. In Francia i cesarei sono sotto il 20 per cento. Il 24 settembre a Roma si svolgerà un incontro dell’Istituto superiore di sanità, al quale parteciperanno anche gli anestesisti lodigiani, dove si parlerà proprio di complicanze legate al cesareo. A Lodi, a molte donne, non solo il cesareo fa paura, ma vorrebbero addirittura partorire in casa. «In Emilia Romagna, nelle Marche, in Toscana e in Piemonte - spiega l’ostetrica di Lodi Floriana Lucchini - le donne hanno un rimborso di 2.500 euro per partorire in casa. L’ospedale risparmia e il parto è più naturale. In Lombardia questa possibilità non c’è e non c’è neanche la libera professione per le ostetriche. Possono accedervi solo se sono part-time e se hanno l’ok delle aziende. Se un’ostetrica volesse aiutare una donna a partorire in casa sua non può, deve rinunciare all’attività ospedaliera. A breve ci sarà un convegno nazionale su questo tema al quale non mancherò. Mi piacerebbe che i parti in casa diventassero una opportunità reale per le donne lombarde e lodigiane. A Rivolta d’Adda conosco diverse donne che hanno affrontato il parto in casa ultimamente». Un sogno della Lucchini è aprire una casa della maternità nel Lodigiano. «Un’alternativa all’ospedale, un ambiente più protetto per le coppie che avvertono la casa come un ambiente poco sicuro».

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