«Tagli alle spese inutili: così restituiremo l’Imu»

Nato a Borgo San Giovanni 68 anni fa, Sante Zuffada è legato al Lodigiano da sempre, pur abitando da molti anni nel Magentino, nel comune di Robecco sul Naviglio. Medico veterinario, è stato libero professionista per la profilassi degli allevamenti nella zona del Melegnanese; poi ispettore dell’Usl a Magenta, comune di cui è diventato sindaco nel 1988. Nel 2005 arriva in regione con Forza Italia. Due anni fa le regionali di marzo lo riconfermano al Pirellone nel Pdl con il massimo numero di preferenze attribuite a un candidato in provincia di Milano: 12.348 voti per l’ex sindaco di Magenta. In questi sette anni ha presieduto la commissione regionale Affari istituzionali; ha partecipato alla stesura del nuovo Statuto regionale lombardo; è stato membro della commissione attività produttive. Da sempre accreditato nell’area vicina a Mario Mantovani (il coordinatore provinciale Pdl), Zuffada ha chiuso il doppio mandato regionale e guarda a Roma. È è al numero 17 nella lista regionale unica per il Senato, con chances di elezione che dipendono molto da chi vincerà in Lombardia conquistando anche il premio di maggioranza regionale.

Lei è un esperto conoscitore dell’agricoltura e delle organizzazioni lombarde legate alla terra e all’allevamento, tuttora forze trainanti dell’economia regionale. Come vede le prospettive di impresa nei prossimi anni?

«L’agricoltura e la zootecnia lombarde da molti anni si confrontano con scelte dell’Unione Europea che privilegiano i produttori e l’impostazione aziendale del Nord Europa. I fondi Ue e il bilancio comunitario sostengono molto le imprese del settore lattiero caseario, tipico dei climi nordeuropei, e la monocolture cerealicola o maisifera. L’agricoltura italiana è più sfaccettata, cerca di fare cose diverse da quelle elencate in precedenza, e proprio per questo trova relativo ascolto nelle istituzioni europee. I nostri imprenditori agricoltori sono da elogiare, perché hanno saputo cambiare negli ultimi anni il profilo della tipica azienda lombarda da 20 ettari e pochi capi cercando di fare qualcosa di diverso. Aprendo agriturismi, originando la distribuzione a km zero, sperimentando nuove coltivazioni, entrando coi loro prodotti nella grande distribuzione. Forse la politica li ha aiutati poco».

Come vede il boom del biogas?

«C’è stata una dispersione di forze, sicuramente. Alcuni impianti renderebbero meglio se fossero di consorzio, finanziati da una filiera di più imprese agricole che conferiscono i loro prodotti ad un unico sito. Come spesso accade in Italia si va un po’ tutti in ordine sparso, e poi i risultati sono inferiori alle attese».

Passiamo ad altro. Si può davvero non solo eliminare, ma restituire l’imposta pagata dagli italiani sulla prima casa?

«L’Imu sulla prima casa è un torto per le abitazioni civili, una follìa sui fabbricati agricoli se vogliamo chiudere il discorso di prima. In totale, si tratta di reperire 4 miliardi da restituire e 4 da accantonare su 840 di spesa pubblica annua. Vuole che non li troviamo? Certo che li troveremo, agendo sulle spese improduttive dello Stato e sulle razionalizzazioni».

Cerchiamo però di fare un esempio di “spesa improduttiva”, perché poi quando si tratta di indicarla, tanti si rifugiano nel generico...

«Spesa improduttiva può essere quando un’azienda di Stato, o partecipata dallo Stato, impegna il 90 per cento del suo bilancio in costi di personale. Se il peso della parte corrente è così alto, vuol dire che ci sono i margini per fare un serio ragionamento su cosa si può sforbiciare. Ormai esiste, trasversalmente alle forze politiche, una coscienza che spesa produttiva è quando si investe su una cosa che dura; spesa improduttiva è quando si “assiste”».

Il Ponte di Messina è una spesa produttiva?

«Il ponte di Messina è stato deriso, potrà piacere o non piacere, ma certamente rientra nel novero delle cose che durano. Nelle recessioni sempre lo Stato ha spinto sulla leva delle grandi opere pubbliche».

Ma il prossimo governo può veramente tornare ad essere politico, o sotto sotto non ci crede nessuno?

«Il Pdl ritiene che riforme costituzionali, che tocchino in profondità l’assetto dello Stato, vadano fatte con la maggioranza qualificata dei due terzi delle Camere. Per il resto, è possibile pensare che una coalizione politica, ma fortemente compatta come la nostra, possa incidere con la sua azione».

Ritiene il movimento di Beppe Grillo un concorrente politico, un nuovo partito insomma, o qualcosa di differente?

«Un avversario politico per me è qualcuno che si presenta al voto con un programma. “Prendere tutti a calci nel sedere” non mi sembra un programma».

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