Santi, feldmarescialli, novelli sposi: mille storie narrate da Camairago

L’appuntamento al castello Borromeo di Camairago è preparato nei giorni precedenti da uno scambio di telefonate e sms con l’attuale discendente della famiglia, il conte Carlo Borromeo. Titolo nobiliare e cognome contribuiscono con il passare dei giorni a creare nel cronista e nel fotografo (il quale per l’occasione si presenta sbarbato e pettinato, quant’anche in ritardo) una certa ansia subito stemperata, però, dalla cortesia e dalla semplicità del conte Borromeo, una persona che sembra vivere in solido equilibrio tra il patrimonio di storia e tradizione rappresentato dal castello e la modernità di un lavoro nel settore immobiliare e la gestione del maniero. Interamente di proprietà dei Borromeo: «Da sempre» spiega il nostro anfitrione. L’edificazione (meglio: la riedificazione) del castello risale al 1440 e da allora è stato patrimonio della famiglia che nei secoli ne ha avuto cura. Ci ha guadagnato la bellezza di questo luogo probabilmente nato sulle ceneri di un preesistente castello -sottolinea Borromeo - come cascina fortificata vista la pianta rettangolare e i bassi edifici che circondano il cortile con archi a sesto acuto. Nel corso dei secoli si sono poi sovrapposti interventi che l’hanno reso un fortilizio.

Oggi è una dimora di campagna pur se poco frequentata dalla famiglia Borromeo, convertita a “location” per matrimoni. Una trentina, ogni mese, le coppie di futuri sposi che bussano al portone a chiedere informazioni. Curiosamente, pochi quelli da Milano: «Vengono da Pavese, Piacentino e Bergamasco. Ma abbiamo puntato molto sul sito Internet e stiamo cominciando ad avere riscontri». Oltre agli sposalizi il castello in questi ultimi anni ha aperto i propri saloni anche a eventi pubblici organizzati con il Comune di Camairago («I rapporti sono ottimi») e, in alcuni casi, con quelli limitrofi: una rievocazione storica che richiamò un pubblico di 800 persone, un concerto di musica da camera, un “open day” con visite guidate. «Le nostre porte sono aperte a questo tipo di eventi» assicura Borromeo. Il castello di Camairago, come gli altri visitati finora, non è inserito in alcun circuito territoriale. La sua valorizzazione, con i relativi oneri e grattacapi, ricade sulle spalle di questo signore e della sua famiglia: «Fra tutto ci costa circa 80mila euro all’anno, anche se la quota maggiore è quella delle tasse e delle imposte. Per manutenzioni, sistemazioni e cura del verde ricorriamo a ditte e manodopera locale». I locali, tutti ristrutturati, dedicati ai matrimoni sono la sala degli stemmi al piano terra (qui si tiene il rito civile) e, sull’altro lato del cortile, il salone del loggiato per il pranzo. Eventualmente c’è anche la cantina a volta dove riposano alcune botti di vino e dove una piccola esposizione raccoglie alcuni oggetti d’epoca recuperati durante le ristrutturazioni. In un’ala laterale vivono ancora le botteghe di un restauratore e di un pittore.

Chiuse al pubblico, invece, al primo piano ci sono alcune stanze dal sapore ottocentesco: un’infilata di saloni, uno affacciato nell’altro, che portano alla stanza dove era solito passare la notte l’arcivescovo Carlo Borromeo (Arona, 2 ottobre 1538 - Milano, 3 novembre 1584), poi proclamato Santo, durante i suoi spostamenti da Milano a Roma.

Sempre qui, nel 1848, il feldmaresciallo Josef Radetzky, alla guida delle truppe austriache durante la Prima Guerra d’Indipendenza, stabilì il proprio quartiere generale.

Che da queste finestre spesso ci si affacciasse con un’arma tra le mani, peraltro, è confermato dalla bella collezione di moschetti (tutti inertizzati) recuperati durante i lavori di ristrutturazione.

Tempi lontani, grazie al cielo. Ora i botti che risuonano nel castello sono quelli dei tappi di champagne. Un brindisi per gli sposi.

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