
«Vuole sapere quanti visitatori ci sono arrivati da Expo? Zero». Sta tutto in quella casella vuota (Expo: zero) il fallimento di un territorio che continua a mostrarsi incapace di valorizzarsi, promuoversi, ragionare in rete. Castello Bolognini, cuore di Sant’Angelo: a meno di 40 chilometri da qui c’è Milano e a Milano ci sono i turisti, c’era l’Expo, c’erano file chilometriche per entrare. Mancava solo il Lodigiano. Luigi Degano, direttore della Fondazione Morando Bolognini che è proprietaria del castello, è uno che parla chiaro: «A cosa è servito aderire al sistema museale del Lodigiano se poi non c’è alcuna promozione del territorio? Cosa fanno gli enti locali per farci conoscere fuori dalla provincia?». Il bello è che basterebbe poco. Per aiutare il castello barasino, per esempio, sarebbe sufficiente che anche loro ci organizzassero dentro qualche convegno, qualche evento. In un anno ce ne sono stati 42 nel bellissimo salone al primo piano. Di fianco ce n’è un altro (“il salone delle feste veneziane” per via degli affreschi) poi un altro ancora dove stanno rifacendo il pavimento in resina come imposto dalla Soprintendenza, poi le cucine modernissime a disposizione del catering, gli spazi di servizio... «Si pagano solo le spese vive - spiega Degano -. Luce, riscaldamento, lo stipendio del dipendente che apre, chiude e sorveglia. Non prendiamo un euro in più, lo statuto della Fondazione ce lo vieta. Non lo facciamo per lucro, lo facciamo per tenere vivo il castello, per promuoverlo, per farlo conoscere. Eppure nemmeno alla Camera di Commercio, che pure ha un rappresentante nel nostro consiglio di amministrazione, è venuto in mente di fare qui qualche evento...». I saloni del piano terra del museo Morando Bolognini completamente arredati con autentici oggetti d’epoca, il museo del pane, quello dell’agricoltura, la camera dove dormì Casanova («Le cronache dicono che era alto quasi un metro e novanta, un gigante per l’epoca. Come si dice: altezza, mezza bellezza...») gli affreschi ottimamente conservati, i 2.500 volumi della libreria con l’atto di vendita del castello (una pergamena del 1452): pensi a un castello, ai cavalieri, alle dame e alle armi e in prima battuta non ti immagini che dietro ci sia una logistica che farebbe tremare i polsi al più scafato degli amministratori. «È la quotidianità che ci ammazza: le manutenzioni, le pulizie, le bollette, gli stipendi del personale - elenca Degano -. Trovare chi sorveglia, pagare chi pulisce, organizzare chi apre e chiude i cancelli. In questo siamo soli. Gli enti locali non ci aiutano eppure la nostra porta è sempre aperta per tutti per qualunque forma di collaborazione».
Al netto delle entrate da eventi e convegni e dai 325 ettari di campi coltivati di proprietà della Fondazione il bilancio dell’attività dei musei vede una media di 10-12mila biglietti staccati in un anno ma anche qui spese e costi si mettono di traverso: «Sovente capita che si presentino turisti singoli o a coppie, in tanti casi stranieri, e chiedano di visitare i musei - spiega Degano -. Siamo costretti a dire loro di tornare negli orari di apertura (per le visite individuali non prenotate sostanzialmente sono previste soltanto alcune aperture domenicali, ndr). Dal punto di vista economico già con le comitive non riusciamo a coprire i costi, figuriamoci con i singoli. E ogni volta mi chiedo “E se questo turista che adesso sto mandando via fosse il direttore di un museo nella propria città?”».
Il paradosso di tutto questo è che il castello potrebbe dare lavoro a giovani e meno giovani. Come i 2.500 libri della biblioteca personale del conte Morando Bolognini. Solo una cinquantina di testi è stata catalogata. Il resto è un tesoro di cui nessuno conosce la portata. Degano accarezza un libro antico rilegato in pelle e allarga le braccia: «Avessi un contributo, metterei domani stesso uno studioso a sistemarli...».
Non che la Fondazione non allunghi la mano al portafoglio. Da giugno 2007 a maggio 2014 il castello è stato chiuso per la messa in sicurezza di impianti e locali: un salasso da quasi un milione di euro. Fortunatamente altrettanti soldi sono arrivati da Fondazione Cariplo e Regione. Ulteriori spese sono in agenda in questi giorni: in due locali a piano terra saranno realizzati una sala di lettura dotata di rete wireless gratuita e una sala per l’accoglienza delle scolaresche. «Quando eravamo chiusi si è presentato mezzo mondo qui a chiedere quando avremmo riaperto - ricorda Degano -. Io pensavo “Quando ripartiremo si potranno fare grandi cose”. Invece abbiamo riaperto e non si è visto più nessuno. Spariti tutti. Ma io sono ottimista, penso che non si debba smettere di rinnovarsi, di offrire nuovi servizi». Così è andata a finire che se lo sono creato da soli, insieme ad altre rocche e castelli della Bassa lombarda, il loro circuito museale. Il Bolognini, il castello di San Colombano, Villa Litta a Orio, Chignolo Po e Belgioioso hanno presentato un progetto alla Fondazione Cariplo. Chiederanno un contributo da 600mile euro per proporre biglietti “doppi” (visiti un castello, hai diritto a visitarne un altro), creare un ufficio di coordinamento e un punto di accoglienza nel castello di Belgioioso dove assumere una persona che, oltre a fornire informazioni sui castelli associati, ne darà anche sulla via Francigena, sulle trattorie della zona, sulle piste ciclopedonali... Valorizzarsi, promuoversi, ragionare in rete. Hanno dovuto pensarci da soli.
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