Referendum trivelle, ecco gli schieramenti nel Lodigiano

Il referendum popolare sulle “trivelle” si terrà domenica 17 aprile, le urne saranno aperte dalle 7 alle 23. Il titolo esatto è il seguente: «Divieto di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro dodici miglia marine. Esenzione da tale divieto per i titoli abilitativi già rilasciati. Abrogazione della previsione che tali titoli hanno la durata della vita utile del giacimento». Il dibattito tra favorevoli e contrari si è già scatenato. Ottanta diocesi si sono schierate per l’abolizione della norma che ha reso senza scadenza le autorizzazioni alle ricerche e alle estrazioni degli idrocarburi da parte delle concessionarie private.

PD: REFERENDUM DANNOSO

Per Lorenzo Guerini, vicesegretario nazionale Pd, la posizione del partito è chiara. E coerente con il lavoro svolto a livello legislativo, «frutto di un impegnativo confronto con le Regioni interessate dal tema dell’estrazione di idrocarburi dal fondo del mare, che ha portato a fissare nella normativa il divieto di trivellazioni entro la distanza di 12 miglia marine dalla costa, il limite più severo in tutta Europa». «Risolto questo aspetto, che rappresenta il punto centrale della questione - aggiunge il deputato -, il referendum non solo diventa superfluo, ma rischia di essere dannoso per gli interessi del Paese, per la sua politica energetica e per le possibili ricadute negative sull’occupazione e sugli investimenti delle imprese del settore, come è stato sottolineato da molti autorevoli osservatori, tra i quali ricordo Romano Prodi, sulle cui parole di contrarietà al quesito referendario invito tutti a riflettere. È importante essere consapevoli che il referendum non riguarda le energie rinnovabili, non impedisce la trivellazione e non introduce nuove o più efficaci tutele del nostro patrimonio ambientale». «Nel merito, il quesito riguarda solo la durata delle concessioni delle attività già in essere e in particolare la possibilità di sfruttare i giacimenti sino ad esaurimento; se questa possibilità venisse negata, gli impianti già costruiti e attualmente in funzione verrebbero bloccati, portando come conseguenza diretta la perdita di migliaia di posti di lavoro, la rinuncia ad approvvigionamenti di energia di provenienza nazionale e la necessità di aumentare l’acquisto di energia dall’estero, a prezzi maggiori. Questo è il giudizio politico del Pd sul referendum, fatta salva la legittimità di ogni opinione sull’argomento».

LEGA NORD CONTRO RENZI

«Renzi svende i nostri mari per regalare l’ennesima mazzetta ai suoi amici, questa volta petrolieri - così incalza il deputato della Lega nord, Guido Guidesi -. Andare a votare al referendum del 17 aprile non solo è un’espressione concreta di democrazia, ma soprattutto un sì alla difesa dell’intero ecosistema marino. Ci sorprende che questa sinistra che da sempre si erge a paladina della democrazia, inviti i cittadini a disertare il voto. Dove sono naufragati i loro indissolubili principi? L’ennesima furbata di Renzi e company può essere impedita solamente attraverso il sì di tutti a fermare definitivamente le trivellazioni nei nostri mari che per loro conformazione geografica non permettono questo tipo di operazioni». «Un’eventuale incidente sarebbe fonte di danni incalcolabili per l’ambiente, con gravissime ripercussioni economiche sul turismo e la pesca che, da sole, contribuiscono al 12,5% del Pil dando lavoro a quasi 3,5 milioni di persone. Di contro, un aumento delle estrazioni nei nostri mari, secondo i dati dello stesso ministero, coprirebbero per sole 8 settimane il fabbisogno nazionale di greggio. Un rischio inutile che non paga nessuno, se non gli amici petrolieri di Renzi. Per questo è necessario che ognuno di noi voti sì. I nostri mari non si barattano con quattro gocce di petrolio».

I CONSIGLIERI REGIONALI

Orientamento diverso per i due consiglieri regionali, Claudio Pedrazzini di Forza Italia e Pietro Foroni della Lega nord. «Voterò sì - dichiara Pietro Foroni -. Bisogna difendere i nostri mari dalle attività petrolifere che in questo modo andranno progressivamente a cessare secondo la scadenza “naturale” fissata al momento del rilascio delle concessioni. Allo stato attuale, infatti, sono presenti 63 concessioni ministeriali per ricerche in mare. Inoltre, il voto referendario è uno dei pochi strumenti di democrazia a disposizione dei cittadini italiani ed è giusto che i cittadini abbiano la possibilità di esprimersi anche sul futuro energetico del nostro Paese. Con lo Sblocca Italia, tra l’altro, il Governo ha dichiarato “strategiche” le trivellazioni, esautorando di fatto Regioni ed enti locali da ogni decisione e nell’evidente tentativo di boicottare il referendum ha pure negato il suo accorpamento con il voto delle amministrative, causando quindi un esborso aggiuntivo di oltre 360 milioni di euro. Va rilevato, infine, che le ultime vicende di cronaca giudiziaria hanno visto un avvicinamento tra le multinazionali petrolifere e alcuni settori della politica governativa. Per queste ragioni la risposta popolare del referendum è ancora più necessaria». Dall’altra parte della barricata Claudio Pedrazzini: «Il mio è un “no” al quesito referendario, intorno al quale si sta combattendo una battaglia demagogica. Intanto, ai cittadini non viene chiesto di dire sì o no alle trivellazioni in mare, ma il voto riguarda esclusivamente la durata delle attività petrolifere già in corso in acque territoriali. Il referendum non tocca nemmeno i progetti di studio geologico dei fondali, come al largo delle isole Tremiti. La vittoria dei sì avrebbe invece effetti negativi sull’industria “made in Italy”, soprattutto quella della ricerca e dell’innovazione in ambito energetico. Senza contare le conseguenze dirette sull’approvvigionamento energetico nazionale, con la necessità di aumentare le importazioni di petrolio, e l’impatto occupazionale, con il taglio di migliaia di posti di lavoro, ad esempio nel polo estrattivo di Ravenna. Per quanto riguarda la qualità ambientale, l’industria di perforazione italiana è considerata al top nel mondo e il blocco delle attività in loco moltiplicherebbe il traffico di petroliere nei nostri mari, con rischi ancora peggiori di quelli rappresentati dagli impianti esistenti».

CINQUE STELLE PER IL Sì

I Cinque Stelle si sono espressi contro le trivelle e invitano «tutti i cittadini liberi da conflitti di interessi personali o aziendali con la politica fossile di questo Governo, a fare altrettanto». Danilo Toninelli, deputato del Movimento, afferma: «Votare sì significa prima di tutto dare un senso ad una consultazione popolare per la quale Renzi, pur di affossarla, ha deciso di gettare dalla finestra l’incredibile somma di 300 milioni di euro non avendo accolto la nostra proposta di accorparla con le elezioni comunali di giugno. Votare sì significa dire basta alle fonti fossili come il petrolio che rappresentano il medioevo e non portano posti di lavoro.

Votare sì significa aprirsi la strada per un piano energetico nazionale che guardi lontano e che punti tutto sulle energie rinnovabili che portano posti di lavoro e non inquinano. Votare sì significa toglierci di dosso quell’immane conflitto di interessi che lega la politica con le multinazionali del petrolio. Votare sì al referendum significa non avere più ministri come la Guidi che fanno approvare emendamenti a favore del fidanzato e della compagnia petrolifera Total. Votare sì significa porre le basi per passare da un governo fossile come quello di Renzi ad un governo pulito e sostenibile che crea lavoro per tutti e non più solo per le multinazionali del petrolio.

STATI GENERALI DELL’AMBIENTE

“Colpiti al cuore”, con una trivella. È questo lo slogan che ha scelto il Comitato referendario del Lodigiano e del Sudmilano, da tempo in prima fila per il sì. Perché? Non solo perché c’è di mezzo il mare: «Perché la Lombardia è il Texas Padano con 17 permessi di ricerca. Oltre agli impianti di stoccaggio gas, con 5 siti attivi e 4 in progettazione o costruzione, uno anche sul nostro territorio, mettendo a rischi sicurezza e salute dei cittadini. Perché le trivelle inquinano. Ogni trivellazione utilizza centinaia di prodotti chimici pericolosi e nocivi, anche cancerogeni inquinando le acque, le terre, le falde. Perché le trivelle possono provocare sismicità indotta, subsidenza e liquefazione del suolo, come dimostrato e dichiarato dalla comunità scientifica e recepito dagli stessi ministeri. Il Comitato è composto dai seguenti soggetti: No Tem Casalmaiocco, Ambiente Vidardo, VivaAmbiente Onlus di Castelnuovo, Salvambiente di Cervignano, No Ampliamento Discarica di Cavenago, Ambiente e Salute nel Lodigiano di Cornegliano, No Logistica di Livraga, Green di Lodi Vecchio, La Bassa pulita dall’Adda al Po di Meleti,Partecipazione ambiente salute di Tavazzano, Cittadini per il territorio di Bascapé, Pairana, Landriano, Torrevecchia Pia e Carpiano, Wwf Lodigiano Pavese, Legambiente Lodi, Sel, Movimento Cinque Stelle, Rifondazione comunista, Movimento radical-socialista - Altra Europa, Lodi comune solidale, Società civile Lodi.

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