Province, Lodi è “condannata”

Lodi come Cenerentola della Lombardia, l’unica provincia a non salvarsi dalla maxi manovra da oltre 45 miliardi di euro. Brutta sorpresa sotto l’ombrellone di Ferragosto per il Lodigiano. La Provincia, istituita nel 1992, che fece cordata insieme a Lecco, Biella, Rimini, Crotone, Vibo Valentia e Prato per ottenere l’autonomia, non esiste più. Cancellata, soppressa, tagliata. Con l’articolo 15 del decreto del governo, firmato sabato sera dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E su cui si aprirà la discussione in Senato il prossimo 22 agosto. Nell’articolo che getta il Lodigiano in subbuglio si dice che «a decorrere della data di scadenza del mandato in corso» e alla data di entrata in vigore del decreto, «sono soppresse tutte le Province, salvo quelle la cui popolazione rilevata al censimento generale della popolazione del 2011, sia superiore a 300 mila abitanti o la cui superficie complessiva sia superiore a 3 mila chilometri quadrati». Parametri che, in nessun caso, riescono a salvare il Lodigiano. Troppo grande la distanza della meta demografica, le ultime rilevazioni parlano di 211mila abitanti; impossibile sperare nello standard geografico, perché il territorio compreso tra Po, Adda, Addetta e Lambro, si ferma ai 782 chilometri. Eppure, proprio il criterio dell’estensione geografica, inserito a sorpresa nel testo, ha permesso ad otto consorelle di salvarsi in extremis. Compresa Sondrio, patria del “super ministro” Tremonti, da cui era arrivata una feroce alzata di scudi contro il testo e la minaccia di chiedere un’annessione alla Svizzera. Tra le vicine di casa, costrette a rinunciare all’autonomia, anche Piacenza, che con i suoi poco più che 289 mila abitanti, salvo sorprese del censimento, sarà l’unico sacrificio estivo dell’Emilia.

Se i punti del decreto dovessero passare l’esame del Parlamento, per la Provincia di Lodi dunque sarà il tramonto dopo appena sedici anni di vita. Sul futuro del territorio, però, non c’è certezza. Il comma 2 dell’articolo 15 rimanda alla Costituzione la disciplina degli scenari futuri, chiamando in causa l’articolo 133, secondo cui spetterà ai «Comuni del territorio della circoscrizione delle Province soppresse» il compito di dire da che parte vogliono stare, «al fine di essere aggregati ad un’altra provincia all’interno del territorio regionale, nel rispetto del principio di continuità territoriale». Ergo, saranno i comuni del Lodigiano a dire se preferiscono il ritorno a Milano, l’annessione a Pavia o la ricerca di una nuova sponda su Cremona. Senza dimenticare le ipotesi più improbabili, come quella espressa dalla Lega Nord di Piacenza, che dal taglio delle due province contigue ha proposto una nuova sintesi. Ipotesi che però al momento rimangono tali, anche perché, chi guarda a Piacenza, deve rimettersi nelle mani del decreto che vieta accorpamenti tra province di diverse regioni. Il testo, poi, si spinge anche un po’ più in là e dice che in assenza dell’iniziativa dei comuni che dovranno esprimersi su una provincia piuttosto che su un’altra, «le funzioni esercitate dalla province soppresse sono trasferite alla Regioni, che possono attribuirle anche in parte alle Province limitrofe a quelle soppresse, delimitando l’area di competenza di ciascuna di queste ultime. Con il rischio, per il Lodigiano, di vedersi smembrato tra le Province confinanti, perdendo di fatto l’unità territoriale. In questo caso, prosegue ancora il testo, con decreto del Ministero dell’Interno, «sono trasferiti alla Regione, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguati».

Contatti ufficiali con le province confinanti, però, ancora non ce ne sono stati. Anche se sono due le ipotesi di cui si discute di più in queste ore, una che guarda a Milano, l’altra a Cremona. Perché se con la creazione della città metropolitana, per una parte dei comuni del Sudmilano potrebbero aprirsi la via del Lodigiano, l’asse Lodi – Cremona piace a chi sogna una provincia del Po. «Non ci saranno contatti con le province limitrofe fino alla conversione del decreto» replica sul punto il presidente della Provincia di Lodi, Pietro Foroni. La speranza, per ora, è quella di far cambiare idea al governo.

Con un colpo di mano dell’ultima ora la ghigliottina del governo salva la provincia di Sondrio, a guida leghista e molto cara al ministro Tremonti, e condanna definitivamente Lodi alla scomparsa. Primi contatti per una possibile unione con Cremona, arrivano segnali anche da Piacenza

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