Orio, ritrovato sull’argineun corpo fatto a pezzi

Un corpo orrendamente mutilato, tagliato in quattro parti e senza la testa e le mani. È un ritrovamento agghiacciante quello avvenuto ieri mattina a Orio Litta, sulla sponda “lodigiana” del Lambro al confine con Labrinia, a due passi da Chignolo Po. Nella scarpata, semi nascosto dalla vegetazione, c’era il corpo fatto a pezzi di un uomo, forse di origine slava, alto un metro e 68 dal calcagno alla base del cranio. Morto almeno da tre giorni, ucciso lontano da lì e poi gettato nel dirupo.

Gli assassini (difficile pensare che una persona sola possa aver fatto una cosa simile) hanno fatto “sparire” la testa e le mani per impedire, o per lo meno ritardare, l’identificazione della vittima. Ma il fatto che il corpo mutilato sia stato lasciato in quel posto, alla vista dei passanti, lascia pensare che gli stessi assassini abbiano voluto che venisse ritrovato, forse per lanciare un messaggio o un avvertimento ben preciso a qualcuno. Al momento, comunque, gli investigatori non hanno avanzato nessuna ipotesi sull’ambiente in cui potrebbe essere maturato questo terribile omicidio e sulle sue cause: l’unica ipotesi “azzardata” è quella di un regolamento di conti, forse avvenuto all’interno della criminalità organizzata.

A lanciare l’allarme è stato un signore residente nel Piacentino, di circa 60 anni. Giovedì mattina è passato sull’argine del Lambro in bicicletta (la strada fa parte della Via Francigena) e gettando lo sguardo verso il fiume ha visto una schiena, senza testa e tranciata in vita, e ha pensato a un manichino gettato lì. Ma tutto intorno c’erano mosche e insetti, e proprio questo particolare, nelle ore successive, gli ha fatto venire dei dubbi e un terribile sospetto. Così, ieri mattina, è tornato, in macchina, dopo una notte insonne e piena di paure, e ha scoperto la verità. E, guardando meglio fra gli alberi, ha visto anche il resto del corpo. Così è andato dai carabinieri.

I primi ad arrivare sul posto sono stati i militari di San Colombano, raggiunti poi dai colleghi della stazione di Orio Litta, della compagnia di Codogno e del nucleo investigativo di Lodi; dal procuratore capo Gianluigi Fontana e dal sostituto procuratore Caterina Centola. Poi i vigili del fuoco hanno iniziato le ricerche nel fiume e nella campagna circostante, compresa la cava e le aree isolate, per trovare le mani e la testa. Ricerche, al momento, senza esito.

Il corpo, quindi, era tagliato in sette parti di cui quattro rinvenute. La testa era stata mozzata con un colpo secco, forse con un’accetta, così come le mani. Il busto con le braccia era troncato all’altezza dell’ombelico: il taglio era netto e “pulito”, quasi chirurgico, e quindi si pensa che per farlo sia stato usato un grosso coltello molto affilato e non una motosega. Si trovava a circa dieci metri dalla strada, fermo contro un albero. Il bacino, invece, dall’ombelico alle ginocchia, era alcuni metri più in giù, alla base del pendio. Anche le gambe erano troncate, con le ginocchia quasi “disossate”. Sono state usate quindi armi diverse e senz’altro ridurre il corpo in quello stato ha richiesto parecchio tempo.

Tutto questo, però, è stato fatto quando l’uomo era già senza vita, anche se da poco. Per scoprire la presunta causa della morte i carabinieri hanno dovuto aspettare che il corpo venisse girato. Sul petto, infatti, all’altezza del cuore, aveva una ferita di circa due centimetri con foro d’uscita sulla schiena, forse il colpo di un punteruolo o di un coltello molto lungo, meno probabile (ma non escluso) un colpo di pistola. Per avere più notizie, però, bisognerà attendere l’autopsia. La salma, infatti, una volta ricomposta, è stata portata dall’impresa funebre Marni all’istituto di medicina legale di Pavia.

Durante i rilievi è intervenuta anche un’esperta entomologa di Pavia, che ha prelevato gli insetti e i vermi che si erano formati sul cadavere: da questi si potrà capire da quanto tempo il corpo si trovava in quella posizione e in quale ambiente è avvenuto l’omicidio.

Quel che è certo è che la vittima non è stata uccisa lì, a Orio Litta lungo l’argine del Lambro sulla Via Francigena. Non c’erano infatti tracce di sangue, se non poche gocce rilevate sulla strada d’argine. Il corpo, quindi, è stato “solo” gettato in quel punto, forse nella notte tra il 30 o il 31 marzo. L’uomo indossava solo un paio di pantaloni grigi (del pigiama o della tuta), le mutande e i calzini ai piedi, non aveva documenti e nessun oggetto personale. Sul corpo non aveva segni particolari, come tatuaggi, che possano aiutare a identificarlo: c’era solo una lunga cicatrice diagonale sulla schiena, vicino alle natiche.

Proprio questo è il punto su cui ora si concentreranno le indagini (condotte dagli uomini del nucleo investigativo del reparto operativo di Lodi) per risolvere questo mistero. Capire chi è la vittima è infatti il primo passo per riuscire ad arrivare agli assassini. Questi lo sapevano bene e per questo hanno reso il corpo irriconoscibile. Senza impronte digitali, documenti d’identità e un viso, nelle mani dei carabinieri resta solo il dna, da confrontare solo con quelli dei pochi pregiudicati già inseriti nella banca dati istituita da poco, e le segnalazioni di persone scomparse. Ma di queste ultime, al momento, non sembra essercene nemmeno una “compatibile”.

La vittima è un uomo, forse slavo, la morte sembra provocata da un colpo di pugnale al cuore. I resti del cadavere sono stati ritrovati venerdì mattina dai carabinieri in un boschetto ai piedi della strada sterrata che corre lungo l’argine. A segnalarlo un ciclista che l’aveva avvistato il giorno precedente, scambiandolo inizialmente per un manichino

© RIPRODUZIONE RISERVATA