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Lunedì 22 Agosto 2011
«Non siamo noi il problema dello Stato»
Gli abitanti di Maccastorna rivendicano l’identità del paese
Tutto tace in pieno agosto a Maccastorna, 67 residenti, una quarantina abitanti realmente in paese: si vive la probabile futura soppressione del comune con rassegnazione. Fra le cascine l’idea ricorrente che «non siamo certo noi, una manciata di famiglie e vecchi agricoltori, il problema dei bilanci dello Stato». «Non salveremo la finanziaria», dice Andrea Cigognini, un ragazzo del posto: è figlio di Oliviero e Lucilla Lena, che hanno gestito la trattoria “Il Cavallino” fino al 1982, Maccastorna la conosce bene. Per capire come vanno le cose in un comune popoloso come un condominio, basta passare un po' di tempo nella casa comunale. Su un tavolo resiste una Olivetti ET 111, macchina da scrivere elettronica per bilanci. E i timbri, come quelli con il protocollo e la scritta “Maccastorna”, fra pochi mesi oggetti preziosi per collezionisti.Lì, seduto al computer, troviamo Alessandro Schiavi: classe 1985, una laurea, un lavoro all’ospedale a Lodi, e un’occupazione in comune a Maccastorna. Integrare lo stipendio all'italiana? Macché: è un volontario della microscopica macchina pubblica. Ci mette del suo, tempo e fatica. «Qui ognuno fa quello che può, e le spese sono minime. Anche il caffè della macchinetta si paga con i propri soldi», commenta Schiavi. Come l’ha presa invece Antonio Biancardi, noto imprenditore agricolo, la cui famiglia è insediata qui dalla notte dei tempi? «Piaccia o no è una decisione inevitabile - riflette - . Qualche pezza alle spese andava messa, è una scelta concreta, prima o poi andava presa, sperando sia nella direzione del bene dell’Italia. Ho letto comunque con attenzione la legge, di fatto la situazione di Maccastorna non cambierebbe molto». Con un però: «Ecco, forse queste decisioni non dovrebbero piovere sulla testa di realtà con 40 persone, ma venire anche da chi ci vive». Una chiosa sulla provincia di Lodi: «Questa sì non ha senso di esistere. Non ci sono abbastanza soldi. Fa fatica a vivere». Monsignor Virginio Fogliazza, alla soglia dei suoi venerandi ottant’anni, è «felice» di dir Messa a Maccastorna, dov'è amministratore parrocchiale. Racconta: «Ogni mattina sono diciassette chilometri da Santo Stefano Lodigiano, dove vivo. Un piccolo sacrificio, ripagato dalla gioia di sentirsi un padre a capotavola, in questa comunità. Bisognerebbe venir qui la domenica, per capire la bellezza del posto». Analizza così: «Su molti ambiti, nella loro separazione, Chiesa e comune possono collaborare: assistenza, carità, tutela degli ultimi e degli emarginati. Dispiacerebbe perdere un soggetto attivo. Che, in fondo, si regge molto bene con le sue gambe, e ha anche delle riserve. Saranno felici a Castelnuovo, di accogliere una realtà così sana e produttiva come Maccastorna». Aldilà della politica, il monsignore parla con amore del suo buen retiro, seguito a missioni in altre parti d’Italia: «Qui si vive appieno il sacerdozio non come burocrazia religiosa, ma come paternità spirituale. La manciata di anime consente una certa fantasia pastorale, pensiamo sempre a qualcosa di originale per la domenica».Bisogna aspettare un bel po’, prima di incontrare qualcuno nella centralissima, e quasi unica, via Roma. Adele, una signora: «Speriamo non vada via il Comune. Siamo in sessanta, ci conosciamo tutti, è la nostra identità». Alberto Citterio, imprenditore agricolo: «Sono contrario alle province, ma i comuni vicini servono. Risparmiamo tempo, ad avercelo qui». Luigi Ferri, occhi azzurri, parlata calda e sonora dei contadini, ricorda il paese nel dopoguerra. Com’era? «Tame adès». Come adesso. «Hanno costruito un paio di case quando avevo diciassette anni», precisa. Però c’era gente. «Eravamo in 350 e più - ricorda - lavoravano falegnami e fabbri. Il 95 per cento comunque in agricoltura, contadini e mungitori». Ma a quale città vi sentite più vicini, Lodi, Cremona o Piacenza? «Be’, la nostra città è Codogno. Dove c'è l’ospedale e si va a far la spesa. Cremona è vicina, ma c’era il traghetto sull’Adda, ci siamo sempre andati poco». «Ci spiace, se si risparmierà davvero, lo vedremo col tempo», aggiunge Alessandro della Noce. Anche Adeel, 20 anni, pakistano, linfa vitale del posto: «È giusto che ci sia il comune. È piccolo, ma di grandi intorno non ce ne sono».
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