Nell’ex scuola dove convivono fossili e meteoriti

Uno è un ex “cromista fotoritoccatore” della Mondadori che una volta per sbaglio tolse un neo a Virna Lisi pensando fosse una macchia sulla fotografia. L’altro è l’ex titolare di uno storico colorificio di Lodi. Sono loro, Giovanni Lonardi e Umberto Consolandi, le due anime da cui è nato il museo di Massalengo, tanto defilato (non ha un sito Internet, sul web pochissime tracce) quanto meritevole di una visita. Non fosse altro perché dentro ci trovate - fra le altre cose - la metà di un meteorite di 4 miliardi e 600 milioni di anni fa caduto in un deserto dell’Arizona (con l’altra metà è stato realizzato un crocifisso donato a Giovanni Paolo II); il cranio con corna di un Megaloceros giganteus (un cervo gigante vissuto nel Pleistocene, 300mila anni fa) proveniente dalla valle del Danubio; un’antica cardatrice funzionante con cui hanno realizzato cuscini durante una dimostrazione in piazza (c’era gente che voleva acquistarli); un proiettore a manovella degli anni ’30 con pellicola originale (un matrimonio con gli ospiti che ballano attorno a un biliardo); 42 banchi di artigiani con gli attrezzi originali; una protopentola a pressione; un poppatoio da cascina per quando le mucche finivano il latte e bisognava sfamare i vitelli; meduse fossili provenienti dalla Amazzonia....Sta tutto in alcune stanze, date dal Comune, al primo piano dell’ex scuola elementare di Massalengo. È stato inaugurato nel 2012 ma era da anni che Lonardi e Consolandi (vulcanico il primo e pacato il secondo, complementari anche nei caratteri) seguivano come segugi le rispettive passioni raccogliendo, catalogando e mettendo da parte.A Consolandi, diacono permanente della Chiesa di Lodi, la passione per la paleontologia è cresciuta dentro negli anni dietro al bancone del colorificio di corso Umberto nel capoluogo dove tutti i lodigiani, prima o poi, sono passati a comprare una latta di vernice. «I colori si ricavano dai minerali così, occupandomene, ho cominciato ad appassionarmi a questo mondo» racconta.L’amicizia con il missionario comboniano Giovanni Zucchelli e la medesima passione hanno fatto sì che alla morte di quest’ultimo Consolandi diventasse il custode della sua ricchissima raccolta di fossili e reperti minerali, a lungo ospitati a casa e poi approdati a Massalengo grazie alla conoscenza con Lonardi. Fossili di libellule (60 milioni di anni fa), di pigne, pesci, meduse (rarissime, sono composte per più del 90 per cento da acqua), uova di tartaruga, perfino il disco vertebrale di uno squalo: molto proviene dalla collezione del comboniano Zucchelli, altro da appassionati di tutto il mondo con cui Consolandi scambia reperti. Quanto a Lonardi, di lavoro si occupava di ritoccare le fotografie di riviste come «Panorama» e «Confidenze» o i cataloghi della Vestro. Un pioniere di Photoshop quando si stampava in camera oscura con la luce arancione. Negli anni Ottanta si è trasferito a Massalengo da Milano ed è andato in pensione poco dopo ma la passione della fotografia gli è rimasta addosso: «Andavo per cascine a scattare immagini e trovavo in giro, magari nelle discariche, attrezzi e vecchi macchinari di ogni tipo» ricorda. Comincia così la raccolta di ogni oggetto passato per le mani di un artigiano o di un contadino che abbia una storia da raccontare: dalla pialla da ghiaccio con cui i venditori ricavavano granite da aromatizzare con gli sciroppi alla falce da mancino, dal banco da orefice al poppatoio in legno per vitelli (quattro tettarelle in gomma contenenti altrettante spugne su cui versare il latte, il tutto montato su una specie di basso tavolino) ai primi arricciacapelli elettrici: «Per evitare di bruciarsi le signorine ci appoggiavano sopra una cartina da sigarette. Se prendeva fuoco aspettavano».A proposito di Lonardi: nei suoi ultimi anni trascorsi alla Mondadori, ha fotoritoccato anche un noto imprenditore milanese che di lì a poco sarebbe sceso in politica. Di che fotoritocchi si sia trattato non c’è stato verso di farglielo dire.

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