«Incontreremo anche l’Uomo Walesa»

Il fondatore di Solidarnosc sarà a Retegno e Lodi

Come fondatore del sindacato indipendente “Solidarnosc”, Premio Nobel per la Pace, presidente della Polonia: senz’altro! Però, io, noi, noi tutti italiani di oggi, penso, abbiamo bisogno di incontrare l’Uomo Walesa. Quello che noi Lavoratori credenti avvicinavamo nella parrocchia di Santa Brigida in Danzica, la parrocchia di Walesa e dei Cantieri Navali “Lenin”: i più grandi di quella città, di quella nazione. Sì, il cristiano Walesa, che faceva parte di una parrocchia, non perdeva la Messa nessuna domenica, aveva nel suo parroco Enry Jankowski, il suo confessore, la sua guida spirituale. Il Walesa, umile elettricista, che arrivava agli incontri con noi, direttamente dal turno di lavoro: ore 14 appena passate; con una tuta consunta, con un pulmino blu che, si dice dalle nostre parti!, “avrà avuto cent’anni”. Un uomo “predestinato”? Con capacità, intuizioni, ardimenti straordinari? Ditelo voi! A me innamorava il suo modo di parlare della gente, la sua passione per la povera gente. Per gli umili mortali che, secondo il dettame di Dio, stravolto e appesantito a dismisura dai tanti poteri umani, mette l’uomo sulla strada del “guadagnarselo il pane”! Magari, qualche volta almeno, “anche sudando”! Tra noi, oggi, stravolto il dettame di Dio a proposito del lavoro! Tra noi, addirittura cancellato il lavoro stesso!

Accolgo Walesa! Costruttore di gente diventata “popolo”, nazione, patria. Una patria come casa in cui tutti sono cittadini coscienti, e figli responsabili della casa- famiglia di tutti. Dove tutti, appunto, trovano spazio e vita, spazio umano e vita degna! Io ho ancora una Patria? E voi? C’è ancora un Italia per gli italiani? O quante Italie ci sono? Due, tre, infinite? Nessuna?

Accolgo Walesa! Mentre mi trovo come uno che sta setacciando la spiaggia del mare dopo la burrasca, o con la burrasca, ancora scatenata e devastante. Ritroviamo qualcosa? Possiamo salvare qualcosa? Pensare, tentare, incominciare ad uscirne? Recuperando il nome e la qualifica operante di uomini e di cristiani, di cittadini e di lavoratori, e di italiani? Vorremmo anche noi, come Walesa nella “notte storica della sua nazione”, non ridurci al lamento, alla rassegnazione; non arrenderci, chiudendoci nella sfiducia e nell’abbandono. Ma, ripartire, ricominciare noi, ciascuno da se stesso e con se stesso! Perché si può, si deve perfino riuscire: Walesa ne è l’esempio, la prova! Ha contribuito più di tutti, lui l’elettricista, a tirar fuori il suo Paese, la sua gente “dalla notte”. Mentre si spera, si sogna, si guarda avanti, si progetta e realizza già nel piccolo nel quotidiano, decisi a lottare, anche a sacrificarsi per salvarci in tutti i sensi. Certamente, in casa nostra, non si ammettono assenze o defezioni, e nemmeno complici silenzi o rese non firmate: da parte di nessuno! In casa nostra e nella nostra Italia si ammettono, si accolgono e ricompattano anche “i perdenti”: può capitare a chiunque di non farcela, di perdere! Ma “i perdenti”, incapaci o addirittura disonesti o traditori, non stiano fra noi! Perché, per esempio non ci indigniamo tutti insieme, contro una classe politica che le ristrettezze, imposte dalla crisi e infieriscono su tutti, le applica subito alla gente “da ieri”, mentre quelle che toccherebbero a loro, classe dirigente, sono rimandate addirittura di anni?

Don Peppino Barbesta

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