Giovanna Capelli (Politiche - Rivoluzione civile)

Giovanna Capelli, nata a Milano 67 anni fa, residente a San Giuliano Milanese, è l’unica esponente politica del Sudmilano assieme a Marco Rondini della Lega Nord che il Parlamento l’ha già conosciuto. Ci arrivò nel 2006, eletta al Senato nella circoscrizione Lombardia per Rifondazione comunista, suo partito dopo il Pci. Nei due anni di legislatura a palazzo Madama, fino alla caduta del governo Prodi bis, la senatrice Capelli ha presentato tre disegni di legge e ne ha appoggiati altri 63 su vari temi. Oggi Rivoluzione civile (raggruppamento in cui è confluita Sinistra Europea, ovvero Rifondazione più Comunisti italiani) candida l’ex preside al numero uno della lista unica per il Senato. La pole position è lusinghiera ma l’impresa è ardua, perché l’asticella dell’8 per cento è proprio lassù. Nel luglio dell’anno scorso Capelli è diventata segretaria del Comitato politico regionale di Rifondazione per la Lombardia.

Potesse fare una legge tutta sua appena messo piede a Roma, quale sarebbe?

«Una che abroghi tutti i tagli fatti dai ministri per l’istruzione Gelmini e Profumo alla scuola, all’università e alla ricerca. Ci vuole inoltre un piano di assunzione straordinaria per tutti i precari e le precarie “stabili”, quelli che ogni anno vengono utilizzati nelle scuole e nelle università per la docenza e la ricerca. Il bilancio dello Stato per la ricerca universitaria e l’innovazione scolastica è pari al 4,5% di tutta la spesa pubblica. Il che significa che sono più gli interessi che paghiamo sul nostro debito pubblico in base al famoso spread, il 5 per cento, rispetto alla totalità degli investimenti sulla scuola italiana».

La leadership del magistrato Antonio Ingroia non ha spostato tutta l’area di sinistra alternativa verso posizioni un pò troppo “dipietriste”? Dove cioè l’onestà soggettiva, l’etichetta di «non indagati», diventa un po’ garanzia di buone idee...

«Rivoluzione civile unisce l’attenzione alla questione sociale, all’eguaglianza e ai diritti con quella alla lotta all’intreccio fra organizzazioni criminali e politica che ormai - come si evince dal caso della giunta lombarda - è un fatto sistemico dello Stato italiano. Non si potranno mai dare uguaglianza e giustizia se non si taglia alla criminalità organizzata il legame con la politica, e non si recuperano alla fiscalità generale i proventi degli affari criminali. Non mi sembra affatto che questa contaminazione culturale possa sconfinare nel giustizialismo. È una innovazione positiva, adeguata al contesto dell’Italia attuale».

Chi è peggio, o meno peggio, fra Berlusconi e Monti?

«Uno, Berlusconi, è declinante ma pericoloso; l’altro, Monti, è in ascesa e probabilmente farà un accordo di governo con Bersani dopo l’esito del 26 febbraio. In sostanza un’asse Bersani-Monti, con quest’ultimo determinante, significa politica di austerità che continua e crisi inarrestabile. Infatti senza intervento dello Stato non ne usciamo. La crescita si avrà solo quando ci si deciderà a redigere un piano del lavoro che crei occupazione, una politica keynesiana classica ma in nuovi settori. Non l’automobile, ma la green economy. I soldi ci sono: vanno presi togliendoli dalle armi comprate dal ministero della difesa, F35 e sommergibili, dalle grandi opere inutili, dall’evasione fiscale».

Come vede la famiglia omosessuale?

«Sono per la completa parità di diritti, senza gradualità, per le famiglie di fatto, che siano queste omo o etero».

Come giudica il governo territoriale della sua città, San Giuliano, e del Sudmilano?

«Nella zona della via Emilia è stata scarsa la programmazione intercomunale. Bisogna riunire i comuni interessati per costruire un progetto di connessione dei vari piani di governo del territorio all’insegna di alcuni punti fermi: stop al consumo di suolo, difesa del Parco Sud, per costruire insieme agli agricoltori del territorio un circuito di filiera corta e di prodotti biologici e non».

Esiste ancora il socialismo nell’Europa in cui si guarda a Mario Draghi come ad un oracolo?

«La socialdemocrazia europea, guidata oggi da François Hollande, ha un programma più radicale e netto del nostro Pd. Ma non ha ancora preso le distanze dalla austerità imposta dai tecnocrati europei e dalla Bce. Ma la crisi morde anche in Francia e verranno al pettine i nodi che la Sinistra Europea - noi del Prc, Die Linke, Izquierda Unida, Blocco Portoghese, Syriza, Rossoverdi danesi e altri partiti di 26 paesi europei - abbiamo posto da tempo».

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