Fuori dal metrò dopo l’esplosione:

«Mi sono trovato davanti l’inferno»

È arrivato in bicicletta alla fermata della metropolitana pochi minuti dopo l’esplosione. Per questo si è imbattuto nella prima persona uscita dal tunnel di Maelbeek, ferita e dolorante: la prima persona che ha visto la luce dopo aver schivato la morte nell’attentato che ha colpito al cuore Bruxelles. Michael Villa, lodigiano che vive nella città belga, le ha subito prestato soccorso: «Stavo andando in ufficio 15 minuti più tardi del solito, perché stavo guardando in tv l’attacco all’aeroporto. Stavo passando proprio davanti alla stazione della metropolitana di Maelbeek, che si trova accanto al mio ufficio. Un ragazzo con il sangue sul volto è corso fuori da lì e mi ha chiesto aiuto. All’inizio ho pensato che si trattasse di un incidente d’auto, ma non vedevo nessun mezzo coinvolto. Poi dalla metropolitana sono arrivate altre persone che gridavano, dicevano “una bomba nella metropolitana, chiama l’ambulanza”. A quel punto ho chiamato i colleghi e abbiamo iniziato a portare dell’acqua ai feriti, per dar loro il primo soccorso, poi sono arrivate le ambulanze e la polizia». La strada si è riempita di gente in stato di shock, con i visi alienati, il corpo coperto da tagli e ustioni.

Michael non avrebbe mai immaginato di potersi trovare in mezzo a un simile incubo, perché di solito queste “cose” si vedono in Tv. Il giovane, nato a Lodi nel 1986, ha affidato i suoi pensieri anche a Facebook, dopo aver rassicurato amici e parenti con un messaggio pubblicato martedì alle 10.29: “Sto bene”. Le linee telefoniche erano infatti bloccate. «È stato già uno shock svegliarsi la mattina e seguire in tv da casa l’attentato all’aeroporto che frequento spessissimo. E poi quelle immagini, non più “televisive”, di fronte a me. Solo dieci minuti dopo. Il terrore negli occhi di quelle persone che uscivano dalla metro come zombie, senza parlare, pochi piangevano e poi si accasciavano per terra. Le richieste di soccorso a me, uno dei pochi che passava in bici di fronte alla metro in quel momento, quasi arrivato in ufficio. Un odore acre, di bruciato. Volti ustionati, insanguinati. Vestiti strappati. Capelli e barbe impolverate. Una donna elegante che aveva solo una camicetta sporca e tremava seduta su un marciapiede. Gente bianca e di colore. E poi i ringraziamenti per le bottigliette d’acqua che abbiamo preso dall’ufficio e distribuito. Ambulanze e polizia hanno poi fatto il loro dovere. Bruxelles è la mia seconda casa da quasi 9 anni ed è un colpo forte vedere quelle foto e video di strade che percorro tutti i santi giorni devastate dal terrore. I miei pensieri alle vittime di questi attentati che ora attendiamo di conoscere, sperando di non riconoscere qualcuno che si incrocia tutti i giorni sulla strada per andare al lavoro». E poi la sua dichiarazione d’amore: «Bruxelles, je t’aime».

Michael Villa da aprile 2011 è membro dell’executive team dell’European Alliance to Save Energy e lavora per l’agenzia Business Solutions Europa. «Adesso le strade sembrano un deserto - ha commentato ieri, al telefono -, ci sono delle zone totalmente vuote, si vedono solo i giornalisti. Ci hanno chiesto di lavorare da casa. È stato un duro colpo e tornare alla normalità è difficile».

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