Danilo Mario Conti (Regionali - Sel)

Danilo Mario Conti, 50 anni, nato a Milano, ma residente a Lodi, è candidato per Sel, Sinistra ecologia e libertà, alle elezioni regionali. Da 19 anni, dopo essere stato al “Buzzi” di Milano, fa il medico internista all’ospedale di Lodi. Sposato, ha una bimba di 2 anni che si chiama Valentina. Da giovane ha militato nel Pci: erano gli anni 70, quelli della Statale a Milano e lui era tra gli studenti che volevano cambiare il mondo. La passione per il fare, da allora, non si è mai sopita. Già candidato nella lista di Giuliana Cominetti a sostegno del sindaco Lorenzo Guerini, ora si rimette a disposizione.

Perché lo fa?

«Seguo il consiglio di Susanna Tamaro, “Va dove ti porta il cuore” e il mio cuore batte a sinistra. In Regione il Porcellum non c’è, quindi possiamo metterci la faccia, la trasparenza e la purezza. Sel è veramente vergine, vera espressione del mondo, con le mani ancora pulite. È ora di ricostruire la Lombardia. O adesso, o mai più».

Perché i lodigiani dovrebbero votarla?

«Voglio spingere per lo sviluppo dell’università a Lodi. Università significa innovazione e apertura totale. Università è trasmissione di pensiero, innovazione culturale, creando così anche nuovi posti di lavoro».

Lei è un medico, di cosa ha bisogno la sanità lodigiana?

«Ha bisogno di vera prevenzione. Prevenire le malattie cardiovascolari so che costa, ma quanto costano poi le persone con l’ictus? Le persone che rimangono colpite gravemente perdono il lavoro e restano sulle spalle delle famiglie. Invece no, noi siamo ancora qui, al voucher della regione Lombardia. La sanità è tanti marmi lucenti e il vuoto intorno. Basta correre per il colore della tessera, valorizziamo le professionalità. Se le persone vengono valorizzate poi lavorano meglio, invece in regione Lombardia vengono umiliate. Voglio ridare dignità alla medicina di base che è stata falcidiata. Quante ospedalizzazioni si potrebbero evitare se fosse dato maggiore impulso alla medicina di base?».

Quattro ospedali sono troppi?

«Quello che interessa alla gente è che l’assistenza sia adeguata».

Qual è il suo pallino?

«Mi ripeto, ma è l’apertura culturale. Mi chiedo perché i nostri ospedali non possano collaborare con le università di Pavia, Milano, Brescia, nell’ottica dello scambio culturale, portando magari qua anche i corsi di medicina».

Il tema del lavoro?

«Fondamentale è la battaglia contro gli incidenti nei luoghi di lavoro. Quando lavoravo in pronto soccorso, arrivavano un sacco di infortuni. L’Asl dovrebbe avere più operatori addetti ai controlli nei luoghi di lavoro e alla salute pubblica, ne ha pochi. La difesa dell’occupazione e la qualità del lavoro devono essere al primo posto. Nelle strutture ospedaliere ci sono pochi concorsi e molti, anche all’esterno, sono i contratti atipici, oggi un lavoro qui, domani uno là, pensando solo a portare a casa la michetta, senza prospettive. Questa è una regione che deve uscire dal fango. Mi sono ributtato in politica dopo la nascita di mia figlia per garantirle un futuro più pulito, farle sapere un giorno che suo padre si è impegnato e l’ha fatto a sinistra, perché la vera cultura per me è di sinistra. A 50 anni penso che non sia ora di dormire, è il momento di ricostruire. Voglio credere che sia possibile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA