Colizzi: «Fondazione, serio timore sul futuro»

L’approvazione del DL che abolisce il voto capitario (in assemblea ogni socio ha un voto a prescindere dal numero di azioni detenute) comporta la necessità, entro 18 mesi, per le Banche Popolari Cooperative con un totale degli attivi superiore agli 8 Mld di euro di trasformarsi in Società per Azioni (voti assembleari in proporzione al numero di azioni detenute). Questo fa sì che, a differenza di quanto avviene oggi dove non esiste un azionista di riferimento ci si potrà trovare tra 18 mesi con un azionariato composto da investitori nazionali o esteri che da soli, o consorziati in un patto di sindacato, potrebbero detenere la maggioranza relativa o assoluta delle banche. In primis occorre rilevare come il provvedimento del DL definisca un iter del tutto nuovo all’interno di un sistema economico che, pur con carenze e ritardi oggettivi, ha avviato già da tempo un processo di autoriforma che avrebbe potuto portare ad una maturazione consapevole e ponderata dei processi innovativi da introdurre nel meccanismo delle Popolari. I fautori di questa riforma sostengono che contenga significativi aspetti positivi tra cui possiamo citare: 1) Concentrazione del sistema bancario con diminuzione dei manager e rafforzamento delle banche stesse.2) Maggiore capacità di concessione del credito da parte delle nascenti banche Spa (legata forse alla maggiore patrimonializzazione).3) Eliminazione dell’autoreferenzialità dei manager. In premessa è necessario ricordare che l’abolizione del voto capitano fa venire meno lo scopo primario delle banche cooperative nate con la finalità di essere banche locali e di fornire servizi di eccellenza ai propri soci e al proprio territorio e solo attraverso la crescita dimensionale e la quotazione in borsa divenute veri e propri attori di rilevo nel panorama economico nazionale. La natura della cooperativa non è quella di dare un rendimento al capitale investito quanto piuttosto di offrire ai propri soci cooperatori servizi di avanguardia a costi contenuti. È quindi a mio avviso da mettere in discussione la presenza di soci investitori speculatori nel capitale delle banche popolari e non la capacità di queste ultime di remunerare il capitale investito. La libera scelta di diventare soci di una cooperativa non deve essere finalizzata al guadagno o all’apprezzamento del proprio investimento nel breve periodo quanto nel vantaggio in termini di servizi, di supporto e di vicinanza al socio/cliente. Diversa è ancora l’obiezione che critica le banche popolari quotate, ovvero istituzioni che beneficiano della quotazione senza essere sottoposte alla puntuale verifica del mercato sia sui risultati che sul management. Ma anche in questo caso permettetemi di osservare che la quotazione è comunque un elemento di vantaggio per il socio/cliente di una società cooperativa dal momento in cui rende più facilmente liquidabile il proprio investimento senza invece essere elemento di vincolo in termini di risultati o performances. Tutto ciò detto e nell’attesa di capire meglio i profili di costituzionalità legati alla modifica introdotta con il DL, va rilevato che la trasformazione della Cooperativa in Spa introduce anche rilevanti implicazioni a livello di governance e di rappresentatività dei territori di riferimento. Buona parte delle operazioni di aggregazione avvenute in questi ultimi anni nel compatto delle Popolari sono state decise dagli azionisti anche in relazione a precise garanzie di mantenimento della rappresentatività locale nella governance del nascente gruppo bancario. Da qui è scaturita la nascita di tutte quelle organizzazioni di rappresentanza del territorio (Comitati Territoriali e Fondazioni) che oggi ben conosciamo. La trasformazione delle banche cooperative di fatto annulla il legame banca-territorio e rende improponibile un principio di rappresentatività territoriale che, in molti casi, mal si concilia con la logica del profitto e del valore di borsa. La trasformazione in Spa modifica radicalmente il rapporto di collaborazione tra Impresa Banca e territorio, a mio avviso riduce persino la competitività dei vari istituti di credito. Quant’altro rimane territoriale non è al momento in grado di rappresentare una proposta alternativa completa alle banche Spa. A poco vale anche la considerazione che la trasformazione aumenterebbe la disponibilità di credito a favore delle imprese in quanto, sulla base di quanto pubblicato da Assopopolari e da Banca d’Italia, in un sistema con prevalenza di PMI la percentuale degli impieghi concessi dalle Banche Popolari raggiunge il 65,9% dell’attivo mentre si attesta al 33,6% per i restanti modelli di aziende dl credito. Anche dal lato raccolta i numeri delle Popolari (64,3%) sono di gran lunga più significativo di quelli del resto del sistema bancario (31,2%). I dati relativi ai primi otto mesi del 2014 che si riferiscono alla concessione di mutui alle famiglie rilevati su un campione di 84 banche (pari all’80% circa del sistema bancario nazionale) parlano di cifre superiori ai 15 miliardi di euro, di cui 5 da Banche Popolari (dati desunti dalla stampa finanziaria).Abbastanza sterile è anche la considerazione che il mercato Italiano del credito sia troppo frammentato e necessiti di un consolidamento in quanto in Italia esiste un rapporto impresa/banca superiore alla media europea.Ultimo aspetto quello occupazionale che vede a rischio un gruppo di 10 banche che oggi impiegano circa 80.000 dipendenti. La Fondazione Banca Popolare Non ultima considerazione va dedicata alla Fondazione B.P.L. che, in 5 anni, ha erogato al territorio oltre 13 milioni di euro in attività prevalentemente di sostegno sociale, ma anche culturale, di mantenimento beni artistici e ambientali ed altro. Mi viene un “coccolone” a pensare che tutte queste attività con quasi certezza non verranno più sostenute. Ma quel che ancor di più mi turba è che, anche il sostegno al Parco Tecnologico Padano rischia di andare a farsi f…riggere! Per tutte queste considerazioni, anche nella mia qualità di presidente pro tempore del consiglio comunale di Lodi, non posso che unirmi al coro delle rilevanti proteste che giungono dal territorio la cui “Lodigianità” o almeno ciò che, nonostante tutto di essa rimane, verrà spazzata via senza rimedio. E contribuire a polverizzare le caratteristiche sociali, storiche ed economiche ed umane del nostro territorio come di fatto causerà il decreto all’uopo emanato nei giorni scorsi, non mi passa neppure di striscio nella testa e la mia pur poco autorevole voce continuerà a levarsi a difesa del Lodigiano.

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