Claudia Salvi In sella per lavoro e per passione: la vita sui pedali

Claudia Salvi ha il pedale nel destino. Di sangue bergamasco, padre della valle I magna, è nata a Lodi il 7 luglio 1972 e ci è rimasta fino ai dieci anni, quando s’è trasferita a San Martino. Dopo la maturità, seguendo le orme del babbo che se la portava dietro da bambina, ha cominciato a fare la portalettere. Erano, anche questa volta è il caso di dirlo pur se si parli dell’altro giorno, altri tempi: non c’era ancora nel 1990 la posta elettronica: cartoline, comunicazioni emozionanti e fiscali, bollette, tutto viaggiava attraverso le fidate e amichevoli mani del postino.

Nonni contadini in Valle Imagna, il papà già a tredici anni era in campagna a lavorare. In seguito divenne fattorino, consegnando i telegrammi per le Poste. Claudia è dipendente delle Poste dal primo aprile 1998. Dal 2008 è allo sportello di Secugnago. È la persona che tutti vorrebbero trovare dall’altra parte del vetro: gentile, professionale e sorridente. Racconta: «Prima facevo la portalettere, tra Camairago e Cavacurta, girando le cascine fino alla tenuta del Boscone».

Ha studiato ragioneria, primi due anni al Gandini, sezione A, quella con tedeco, ultimi tre al Bassi. Ricorda con affetto: «Papà (Antonio, del 1941, ndr), faceva il postino a Milano, mi portava a fare il giro delle consegne, lavorava in ufficio in Ticinese; là c’erano tanti portalettere. Sembrava una festa, uno cantava, gli dicevo: papà tu non vai al lavoro, vai a divertirti! La posta la si incasellava, si andava nei condomini con pacchi fatti su con lo spago. Per ogni civico, un pacco di roba. Io stavo con lui e qualche volta mi faceva portare un pacco. Quand’ho iniziato io, lui era già in pensione». Eh sì: «A vent’anni stavo già lavorando, dopo la maturità mi son fatta sei mesi di ufficio in città, ma la cosa non faceva per me. Sveglia alle 4.30, treno alle 5.13, non si poteva vivere. Quattro mesi a Lodi Vecchio, poi Lodi, finché ho preso la zona. Era il lavoro che volevo fare, mi piaceva, ci mettevo e ci metto tutt’ora passione. Lavorare è sempre difficile, ma quando ti piace lo fai bene. E poi da non sottovalutare il tempo libero al pomeriggio: già allora giocavo a basket».

Una carriera niente male nella palla a spicchi, prima di approdare al ciclismo: dal minibasket fino alla serie C a Lodi nel Pallacanestro Lodi, con Francesco Noli. Sono i suoi ricordi più belli, «dalla terza media fino a alla serie C, con Noli e Gianluca Malusardi, viaggi in bicicletta, vacanze con le borse, eravamo sempre insieme, così ho iniziato con la bici. Per caso. Si facevano le vacanze in estate. Nel ’99 ho fatto il campionato italiano postelegrafonici, ho vinto la gara in circuito, terza nella cronometro. Tutto si è svolto ad Abano Terme in una settimana con circa centottanta partecipanti da tutta Italia». Giocavo ancora a basket, quand’ho cominciato a correre in bici, alla fine «mia mamma mi ha detto di andare a lavorare che era meglio». Una carriera, appunto, niente male: «Serie B a Borgonovo, da lì Crema, Cremona, Piacenza, in A2, fino al 2003-2004 con la promozione dalla B in A2 a Broni. Mi sono dedicata alla bici dal 2003-2004, nel 2006-2007-2008 ho vinto tre anni di fila il Giro in giro, corsa a tappe di quindici prove, in circuito, a cronometro, alcune in salita. Nel 2010 ho iniziato con le granfondo: premio prestigio con dieci gare su dieci, solo tre donne in tutta Italia. Si trattava di portare a termine i percorsi più lunghi di dieci granfondo. Nel 2011, 12 e 13 i circuiti, tre all’anno, sei prove come Granducato di Toscana, Coppa Liguria e altre gare del genere.

«Ci si sveglia prima delle sette, ufficio verso le otto, fino alle 14.10, poi si torna a casa: d’estate spesso faccio tutto in bici da corsa, anche il percorso casa-lavoro, passando per Brembio. Da Lodi sono stata anche a trovare Padre Pio; con Noli e Malusardi abbiamo girato tutta Italia. Tutte le vacanze: Capri, Ischia, Napoli Vesuvio, Australia, una volta mi sono imbarcata in bici imbarcata per l’Egitto, verso una granfondo. Ho tre Pinarello perché mi piace la forma delle onde delle forcelle».

Ricorda: «Ho lasciato un sabato il lavoro di portalettere, riprendendo lunedì in ufficio. Ho cambiato vita. Le persone di Cavacurta mi hanno scritto una letterina e mi hanno organizzato una pizzata, con bouquet di fiori. È stato molto toccante. Si crea un rapporto molto personale. In cascina ti aspettavano, conoscendo gli orari, offrendo qualche volta pane, uova, frutta, borse di kiwi. Beve il caffè? All’inizio non ne bevevo proprio, poi ho dovuto imparare». Qual è la cosa che più le piace del suo lavoro? «Il rapporto con le persone. Qualsiasi persona abbia un problema, viene in Posta. Una volta una signora si è sentita male, le abbiamo prestato i primi soccorsi. Aiutiamo volentieri gli anziani con la firma digitale. Siamo uno sportello amico: conti correnti, polizze, finanziamenti, permessi di soggiorno, carte acquisti, ricariche telefoniche, sim Postemobile, assicurazione, casa, vita, salute, raccomandate, pacchi, ce n’è per tutti».

Spiegano dalle Poste che Claudia «è stata segnalata dai nostri colleghi sul territorio: ogni anno facciamo un incontro con i direttori degli uffici postali, circa cinquecento; in Lombardia sono millecento. C’è una giornata di incontro dove si discute dell’andamento, dei risultati, il lavoro si alterna a momenti di intrattenimento, dove facciamo parlare chi del nostro personale dimostra di avere talenti nascosti nella vita, o impegni particolari, o valori forti da trasmettere. Claudia è salita sul palco, con la sua storia bellissima, ha letto la lettera piena di impegno, sacrificio, passione e resistenza». Commentano, inoltre: «Le Poste sono un’azienda che va sul mercato, composta di persone con un fortissimo senso di appartenenza, spesso sono postali da generazioni. La gente ha fiducia, anche perché in paesi piccolissimi, dove non ci sono più altri servizi, rimangono solo Chiesa e Poste».

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