«Bisogna incidere su welfare e sanità»

Silvana Cesani, classe ‘55, è stata assessore per 8 anni e mezzo alle politiche sociali del comune di Lodi. Oggi è candidata alle regionali, nella lista Per un’altra Lombardia. Etico a sinistra, la coalizione capeggiata dal professor Andrea Di Stefano arrivato secondo alle primarie, dopo Umberto Ambrosoli. Diplomatasi al liceo classico Verri, Cesani ha acquisito il titolo di assistente sociale a Milano e poi si è laureata in scienze sociali a Trieste. Fino agli anni ‘90 e all’avvento di Rifondazione comunista non ha mai avuto la tessera di un partito in tasca.

Come mai ha deciso di candidarsi?

«È necessario esserci e incidere sui temi del welfare e della sanità. La crisi non è finita, anzi ci sarà un ulteriore allargamento delle persone che vivono nell’emarginazione grave. Nel 2013, a causa del fiscal compact lo Stato dovrà ridurre la spesa pubblica di 45 miliardi, per i prossimi vent’anni. Deve esserci quindi una Regione che faccia da barriera di fronte a una situazione così, definisca un programma a tutela delle persone e delle famiglie».

Cosa intende per barriera? Cosa deve fare la Regione di fronte alla crisi?

«Deve essere solidale e non assistenziale. Ci devono essere delle politiche del lavoro attive, la costituzione di un reddito minimo garantito. In Europa, solo l’Italia e la Grecia non ce l’hanno, è una questione di dignità. Ci sono centinaia di persone che perdono la casa, altre che non riescono a pagare le utenze domestiche, che non ce la fanno a vivere nella quotidianità. Sono temi che abbiamo già discusso con Ambrosoli».

Per la perdita della casa cosa si può fare?

«Bisogna ripristinare il fondo affitti che l’assessore regionale Domenico Zambetti ha ridotto del 46 per cento. Questo intervento serve ad arginare i numerosi provvedimenti di sfratto».

Che altro si può fare per uscire da questa situazione?

«Deve essere mantenuto il sistema dei servizi alla persona, garantendo le risorse in più. Bisogna spostare lo 0,4 per cento della spesa dalla sanità al sociale. Per la sanità lo 0,4 è nulla visti gli scandali, per il sociale, invece, fa la differenza. Servono ad aumentare i servizi per la domiciliarità degli anziani non autosufficienti e per avviare politiche famigliari non assistenziali. L’ottica deve essere diversa dal cosiddetto “fattore famiglia” della sperimentazione regionale. Quest’ultima viola la norma nazionale dell’Isee e viene attuata a budget inalterato. Se non si mettono dei soldi in più si penalizzano gli altri settori come quelli dei disabili e dei poveri».

Finora in Regione è stato applicato il sistema dei voucher...

«Bisogna fermare quel patto per il welfare regionale avviato dall’assessore Giulio Boscagli a luglio, contro la volontà dei comuni, del terzo settore e della cooperazione sociale. Quel patto spinge molto sulla voucherizzazione e distrugge il sistema di servizi alla persona che i comuni, il terzo settore e la cooperazione sociale hanno saputo mettere in piedi. Bisogna che i fondi nazionali e regionali tornino ad essere destinati ai comuni e non dati in voucher».

Cosa ne pensa della riforma delle Asp?

«Sono contraria alla regionalizzazione, cioè alla scelta dei direttori dalla Regione, bisogna salvaguardare la capacità di risposta dei territori. Ci tengo molto e poi bisogna tornare all’unità tra Asl e Aziende ospedaliere».

Un altro dei punti chiave del programma?

«Servono servizi di ascolto, presa in carico e accoglienza per le donne maltrattate. La situazione è grave e sta degenerando. Poi la Regione deve investire nella prevenzione del gioco d’azzardo e dell’Aids, potenziando il lavoro dei Sert e ripristinando le politiche di riduzione del danno cancellate. I dati hanno dimostrato che funzionano, arginano la diffusione della malattia e aumentano la consapevolezza delle persone».

La nostra è una regione multiculturale, cosa si può fare?

«Servono politiche di dialogo per mantenere una buona coesione sociale, garantendo interventi di mediazione nelle scuole, favorendo processi di partecipazione delle persone che vengono da altri paesi e dando riconoscimento ai giovani nati in Italia».

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