«Basta promesse, servono certezze»

Attenzione al mondo delle imprese e ricambio della classe dirigente. Queste le due promesse di Giuseppe Carlin, santangiolino, candidato al consiglio regionale lombardo per la lista Fratelli d’Italia di La Russa, Meloni e Crosetto. Carlin, 58 anni, è nato a Inverno e Monteleone, nel Pavese, è sposato e ha un figlio. Imprenditore, svolge attività di volontariato da circa quarant’anni: è impegnato nella locale sezione della Croce bianca, sodalizio di cui è stato anche vice presidente generale. Già iscritto alla Democrazia cristiana, di cui ha ricoperto l’incarico di segretario cittadino, è stato sindaco di Sant’Angelo dal 2002 al 2007 alla guida di una lista formata da Forza Italia (partito a cui era iscritto) e Lega nord. Passato poi nel Popolo della libertà, ha assunto posizioni critiche verso la gestione del partito a livello locale. Infine la decisione, maturata poche settimane fa, di sposare la causa di Fratelli d’Italia.

Carlin, perché ha lasciato il Pdl?

«Ormai rivestivo nel partito una posizione fortemente critica. Imputavo infatti al Pdl una mancanza di democrazia e di obiettivi. Da cattolico praticante rispetto solo i dogmi della Chiesa, non certo quelli di Silvio Berlusconi».

Cosa l’ha spinta verso Fratelli d’Italia? Che peraltro - le ricordo - è un partito alleato di Berlusconi…

«Fratelli d’Italia mi ha dato la possibilità di poter esprimere le mie idee in maniera libera. Si tratta di un partito che non deve essere interpretato come la riedizione di An, ma un coagulo di tantissime esperienze politiche differenti. La componente di An è più visibile in quanto meglio organizzata».

Com’è maturata la candidatura?

«Ho semplicemente dato la mia disponibilità, presentando il curriculum di imprenditore e di amministratore locale. Due elementi che probabilmente hanno pesato. Sono orgoglioso di essere stato scelto, così come sono orgoglioso del fatto che il partito abbia messo al mio fianco una donna di altissima professionalità».

Qual è secondo Carlin la principale emergenza del territorio lodigiano?

«L’occupazione. A cui aggiungo immediatamente la crisi della piccola e media impresa, la spina dorsale dell’economia provinciale. Ai nostri imprenditori non dobbiamo fare promesse, ma dare certezze. Ho sentito finora molti “farò”, io replico dicendo “ho già fatto”, perché al contrario di altri candidati, anche di centrodestra, sono un imprenditore vero».

Esiste in Regione Lombardia una questione morale?

«Direi che è sotto gli occhi di tutti».

Lei come la affronterebbe?

«Mi limito a una osservazione: gli amministratori regionali devono essere persone con un proprio lavoro, che non vivono solo di politica, altrimenti risultano ricattabili. Sono gli amministratori che hanno vissuto unicamente di politica ad aver generato il malaffare: questa classe dirigente deve essere spazzata via dal voto popolare».

Parlare di una totale rivoluzione della classe politica rischia di essere un po’ utopistico, oltre che inflazionato…

«La buona politica, quella con la “P” maiuscola, è stata purtroppo bistrattata. Sono stufo di questa situazione e mi metto in gioco per cercare di cambiare le cose».

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