«Autostrade lombarde, stop ai cantieri inutili»

Pietro Mezzi, 58 anni, è nome di lungo corso nell’arena politica del Sudmilano. Formatosi negli anni ‘80 con l’esperienza ecologista di Melegnano Ambiente, nel 1994 è divenuto sindaco per la prima volta, riconquistando Palazzo Broletto quattro anni dopo. Dal 2004 per cinque anni è passato in Provincia, come assessore alla pianificazione territoriale e ai parchi all’interno della giunta Penati. In quegli anni ha messo mano al Ptcp, il Piano territoriale di coordinamento provinciale, ed è stato in prima linea nella battaglia contro l’inceneritore di Opera. Nel 2010 ritorna in Provincia, stavolta in minoranza, prima con i Verdi e poi con Sinistra ecologia e libertà, raggruppamento nel quale è confluito da circa due anni. L’anno scorso ha vinto le primarie di centrosinistra per designare il candidato sindaco a Melegnano, ed ha poi perso la “grande sfida” di giugno con l’attuale primo cittadino Vito Bellomo.

Il Sudest Milano da sempre patisce un problema di scarsa rappresentatività nelle istituzioni lombarde, non appena queste superano l’ambito comunale. Pensa che questa tornata delle regionali possa superare il “gap” città-territorio?

«La scarsa rappresentanza istituzionale del Sudmilano è abbastanza vera ma dipende da un fatto oggettivo, in larga misura non modificabile come il differente sviluppo socio-economico rispetto all’area nord del capoluogo. A nord ci sono Sesto San Giovanni, Cinisello, Bresso, Rho, Cologno Monzese: comuni importanti, densamente abitati. Il peso economico e demografico tra nord e Sudmilano conta, anche dal punto di vista della rappresentanza politica e quindi istituzionale».

Alla luce degli ultimi sviluppi giudiziari una domanda si impone. Quanto costerà la sua campagna elettorale e cosa pensa dell’indagine in corso sull’utilizzo dei fondi da parte dei consiglieri regionali uscenti?

«Conto di spendere 3mila euro in tutto. Per sostenere i costi ho lanciato una campagna pubblica di sottoscrizione: “Pochi euro da tanti amici”. Chi volesse farlo, può andare sul sito www.pietromezzi.it e cliccare “Sostieni la campagna elettorale”. Sull’utilizzo dei fondi dei gruppi regionali? Sono d’accordo con il nostro candidato governatore Umberto Ambrosoli: in caso di avviso di garanzia, il consigliere eletto deve dimettersi. E poi, troppi soldi ai consiglieri regionali e ai gruppi consiliari. Bisogna cambiare il sistema stesso di autorizzazione delle spese dei gruppi regionali: deve essere la struttura amministrativa, l’economato in altri termini, a concedere la possibilità di effettuare certe spese oppure no. È il metodo del resto che si applica nei comuni e nelle amministrazioni provinciali».

Come giudica l’apparizione di un soggetto come Rivoluzione Civile a sinistra della coalizione Italia Bene Comune?

«Rivoluzione Civile non è un progetto politico. È un aggregazione temporanea tra forze di varia estrazione - con alcune delle quali ci sono punti di sintonia, non lo nascondo - ma che rispetto a Sinistra Ecologia e Libertà non si pongono il problema del governo del Paese. Ritengono sufficiente la testimonianza politica. E in questo c’è una distinzione profonda rispetto a noi».

Lei è capogruppo di Sel alla Provincia di Milano. La caduta anticipata dell’esecutivo Monti ha riacceso resistenze e “speranze” di poter salvare gli enti provinciali come erano prima dell’accorpamento forzato. Quale ruolo per le province nella sua visione?

«Lo slittamento di un anno dei provvedimenti governativi che prevedevano prima l’abolizione della Province, poi il loro accorpamento, denota dilettantismo da parte del governo dei tecnici. Le Province sono troppe e il loro numero va ridotto, su questo pochi dubbi. Ma ciò che non si può a mio giudizio eliminare è il livello istituzionale intermedio, quello tra la Regione e i comuni e neppure il voto diretto dei cittadini per la Provincia. Qui da noi, nel Milanese, c’è un tema nuovo e vecchio allo stesso tempo. Si chiama area metropolitana: dal 1° gennaio 2014, sulle ceneri della Provincia, nascerà la Città metropolitana milanese. Finalmente, è il caso di dirlo. Peccato che dopo tanto aspettare, da alcuni mesi di città metropolitana non parli più nessuno».

Tem e Brebemi: se ci sarà il “ribaltone” politico in Lombardia, cosa si potrà fare per evitare il loro completamento, considerando che i contratti sono già siglati, i cantieri partiti e che l’amministrazione Pisapia a Milano procede in sinergia con quella di Guido Podestà su Milano-Serravalle?

«Innanzitutto non c’è alcuna sinergia sulle opere autostradali tra Pisapia e Podestà. C’è un interesse comune a vendere le proprie quote di Milano-Serravalle : una vendita imposta dalla crisi della finanza locale. Il problema di Tem e Brebemi, più che problema ambientale e trasportistico, è ormai un fatto finanziario. Oggi non ci sono le risorse né private nè pubbliche nè del sistema creditizio per realizzare le opere programmate. La politica si deve porre il problema di cosa a questo punto fare. Sono finiti i tempi in cui la banche avevano soldi da concedere a interessi bassi. Oggi i soldi non ci sono e i tassi sono altissimi. Se questa è la situazione - ed è questa, come sostiene peraltro anche la stessa Assolombarda - per Pedemontana e Tem vale la pena prima fermare i cantieri inutili e poi concentrare l’attenzione sulla realizzazione dei soli tratti già avviati: il collegamento tra l’A8 e l’A9 e l’Arco Tem tra Rivoltana e Cassanese, per intercettare il traffico che proverrà dalla Brebemi. Una soluzione che personalmente vado sostenendo da tempi non sospetti. Mentre ancora oggi ci sono amministratori - come il sindaco di Melegnano - che affermano che tutto va bene e che le opere di connessione viabilistica si faranno, raccontando cose non vere e illudendo i loro cittadini».

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