Abbadia: «Non possiamo opporci»

Attesa e preoccupazione tra gli abitanti del paese

Si respira un’aria dimessa, in questi giorni, ad Abbadia Cerreto, una specie di malinconica attesa che fa pensare a quella poesia di Ungaretti. Da quando è arrivata la notizia del decreto «si sta come d’autunno, sugli alberi, le foglie», ovvero aspettando di cadere. Se ne accorge perfino chi arriva da fuori. «Siamo dispiaciuti» dice Lia Mapelli togliendosi il casco, appena scesa dal motorino con cui, in compagnia del marito, ha raggiunto l’abbazia dalla vicina Dovera. «Abbiamo percepito la tristezza della gente e ne capiamo bene il motivo: cancellare i piccoli Comuni non serve a nulla, non risolve certo i problemi economici del nostro Paese. Pensiamo piuttosto a rendere più efficienti i servizi». Un pensiero condiviso pressoché da tutti i cerretesi: «Il Comune c’è sempre stato, non abbiamo chiesto mai aiuti a nessuno, siamo andati avanti con le nostre forze: perché dovremmo sopprimerlo proprio adesso? Purtroppo però non possiamo fare nulla» aggiunge con un certo scetticismo Barbara Mazzola, dietro al bancone del bar Sette Lune. «Se il governo vorrà toglierci la municipalità non potremo fare altro che subire questa decisione. Ci rimaneva solo il Comune, se ci tolgono anche questo ci tolgono tutto». Barbara pensa soprattutto ai tanti anziani che vivono in paese e che si recano spesso negli uffici di via Abbazia, accolti ogni volta dal sorriso paziente e disponibile di Giovanna Baini, l’unica impiegata al soldo del Comune. Tra i frequentatori abituali c’è anche Maria Carlini, un’anziana signora ancora in gamba nonostante qualche problemino di salute: «Due volte al mese devo andare all’ospedale di Lodi per sottopormi ad alcune cure: fino a oggi mi hanno sempre accompagnato con l’auto del comune, domani non so come potrei fare» dice preoccupata. E pensare che undici anni fa si era trasferita in paese proprio per cercare quel sostegno che dove abitava prima, alla cascina Isella, le mancava: rimasta vedova, i figli lontani, aveva trovato in comune interlocutori affidabili, cui confidare bisogni e preoccupazioni. Ed è proprio questo che, al di là delle questioni prettamente amministrative, preoccupa gli abitanti di Abbadia Cerreto: il venir meno di un punto di riferimento cruciale per un paese che praticamente non ne possiede altri, fatta eccezione per un bar e un negozio di alimentari. Qui lavora Paola Rovescalli: «Vivo in paese da poco, circa da sei anni, mi sarebbe piaciuto vedermelo crescere attorno: così, invece, Abbadia Cerreto è destinata ad invecchiare, ma chissà… Forse unendoci a un altro comune si potranno fare più cose, vivacizzare un po’ le attività culturali». Già, ma quale comune? La maggior parte dei cerretesi intervistati preferirebbe andare con Casaletto Ceredano: «In questo modo passeremmo sotto la provincia di Cremona - dice Giuseppe Bologna - lì affrontano i problemi del territorio con una filosofia che sentiamo più vicina al nostro modo di vedere le cose». Altri invece, come Renato Lupi, guardano a Corte Palasio: «Insieme lavoriamo bene - dice alludendo ai servizi già condivisi con questa municipalità - lo so per certo: a Corte Palasio ho fatto per alcuni anni il consigliere comunale». Da Corte Palasio, più precisamente dalla frazione Cadilana, arriva anche don Luigi Avanti che, dopo la scomparsa di don Vittorio Soldati, storico parroco dell’abbazia, si è fatto carico delle anime dei cerretesi: «Non so fino a che punto la soppressione di un Comune come Abbadia Cerreto potrà tornare utile al Paese: verranno meno alcuni servizi, questo sì, ma per risolvere la situazione bisognerebbe partire dall’alto».

S. C.

© RIPRODUZIONE RISERVATA