
LODI - Nel 2002 il fiume Adda esondò: venne sgomberata la città bassa
Nella serata del 26 novembre l’emergenza. Nella notte una crescita al livello record
Lodi
Le prime avvisaglie erano arrivate lunedì 25 novembre, ma il fiume si era fermato a 170 centimetri di livello idrometrico, con la soglia di tracimazione indicata a 270 centimetri. Era già da diversi giorni che l’Adda era sorvegliato speciale per via delle eccezionali piogge di quelle settimane, ma nulla ancora faceva presagire il disastro. Anzi. Nella serata di lunedì la situazione stava migliorando. Ma era un’illusione: le piene degli affluenti dell’Adda a monte, la pioggia di quel martedì 26 novembre portarono il livello del fiume alla quota record, mai registrata in precedenza di 343 centimetri. Era l’1,30 di notte di mercoledì 27 novembre. A 300 centimetri era indicata la soglia di “piena con ritorno a 200 anni”, un evento stimabile appunto unico nei 200 anni per entità. Le difese spondali realizzate in questi 17 anni a Lodi sono state pensate proprio per resistere a “piene con ritorno a 200 anni”, come quella del 2002. Venti anni fa.
Venti anni che per molti significano poco, perché hanno negli occhi ancora quello che accadde in quei due giorni, e poi nelle settimane successive. Per tutto il 26 novembre l’Adda crebbe a 15 centimetri l’ora, cominciando a tracimare ovunque, soprattutto in Campo di Marte, in parte minore al Revellino, e in città bassa. Furono 3mila le persone evacuate in via del Capanno, Lungoadda, Ferrabini, Cavallotti, Massena, Bordo Adda, Defendente. In 500 dormirono fuori casa, da amici e parenti, ma anche nella palestra della scuola media Spezzaferri, allestita con 100 brande dalla Croce Rossa Italiana. Altre 500 erano pronte al Palacastellotti, ma non ce ne fu bisogno. Il Comune distribuì 600 pasti agli sfollati. La città brulicava di lampeggianti, carabinieri, polizia locale e vigili del fuoco, tanti vigili del fuoco. Quelli di Lodi, ma anche quelli di Pavia, Cremona, Mantova, persino di Ancona e Firenze chiamati in supporto.
Nelle cascine, nelle case, nei negozi e nelle fabbriche, la disperazione. Chi 50 centimetri, chi 70 centimetri, tutti in città bassa fecero i conti con allagamenti. Il tribunale finì sott’acqua, l’ospedale fu costretto a chiudere i ricoveri, i ponti furono chiusi. La gente faceva i conti dei danni, tra acqua e fango, e lo fece a lungo dopo quella notte infinita. Non ci furono vittime, quasi un miracolo per la situazione che si creò. Per tanti il ricordo di quella notte è rimasto impresso nella memoria con chiarezza a lungo, per qualcuno lo è ancora. Chi non c’era o era troppo piccolo può farsene un’idea con le cronache del «Cittadino» di allora. Raccontarono una città che si scoprì improvvisamente indifesa, in totale balia del suo fiume. Quello che non si vuole ripetere mai più.
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Luigi giovanni Pagliuca
2 anni, 5 mesi
io c'ero e me lo ricordo bene E' stato un brutto ricoedo