L’epopea del metano partì dal Lodigiano: 80 anni fa a Caviaga il primo pozzo Agip

L’ANNIVERSARIO Il 15 luglio 1944, mentre l’Italia era lacerata dalla guerra, i tecnici dell’Azienda Generale Italiana Petroli, alla ricerca dell’oro nero, si imbatterono nel metano. Al termine del conflitto Mattei fece proseguire le perforazioni

Ci arrivò Enrico Mattei, nell’autunno del 1945. Non fu l’unico però. Nel 1947 arrivò a Caviaga anche l’allora presidente del consiglio Alcide De Gasperi, ma passarono anche vari ministri. Perché questo fazzoletto di terra  - poche case, una manciata di abitanti, nel territorio di Cavenago d’Adda - finì sotto gli occhi del mondo intero.

È una storia antica, in cui si mescolano curiosità, aneddoti, testimonianze e anche un pizzico di leggenda, come quella che coinvolge il drago Tarantasio che, si dice, fu di ispirazione per la nascita dello storico simbolo dell’Eni, quella che lega Caviaga, e il Lodigiano intero, agli esordi dell’epopea dello sviluppo industriale del Paese e dell’attività di estrazione del gas in Italia.

Proviamo a ricostruirla con l’aiuto dello storico e giornalista Ferruccio Pallavera, già direttore de «Il Cittadino» e anche già sindaco proprio di Cavenago d’Adda. E per farlo camminiamo a ritrovo nel tempo, fino all’Ottocento. Perché a Caviaga, già due secoli fa, era nota la presenza di metano nel sottosuolo, grazie alla sapienza contadina tramandata dai più anziani. Erano loro a raccontare come, in alcuni terreni, in direzione di Basiasco soprattutto, era sufficiente ficcare un tubo di metallo vuoto nel terreno e accendere un fiammifero alla sua sommità per vedere sbucare una fiammella. E nella stagione invernale, con il clima gelido, i contadini con quelle particolari fiammelle riuscivano a scaldarsi le mani mentre lavoravano nell’abbattimento degli alberi. Non è difficile immaginare come mai la strada di Caviaga, quella che dalla chiesa parrocchiale si dirige verso la cascina Bocconi, nei primi dell’Ottocento, si chiamava “Contrada del gas” e oggi ancora si chiamava Via Gas.

La prima data simbolo di questa storia è quella del 22 agosto 1940, quando l’Agip (Azienda Generale Italiana Petroli) presenta una richiesta al potestà di Cavenago per, si legge nella carte storiche, «compiere rilievi sismici allo scopo di ricerche petrolifere» e «per far brillare mine in profondità, con dinamite del peso di 1 chilo e mezzo per carica».

Il petrolio, però, non c’era. E la storia avrebbe presto preso un’altra strada. I tecnici dell’Agip anziché il petrolio trovano il metano. Siamo nel 1942 e nel pozzo numero uno, alla profondità di 1270 metri, sotto uno spesso strato argilloso, i tecnici si imbattono in uno strato sabbioso con forti segni di gas. La svolta arriva due anni dopo, il 15 luglio 1944, ottant’anni fa, quando è nel pozzo numero uno che invece emergono le tracce di un grande giacimento. Sono però la mancanza di attrezzature adeguate, di materiali e soprattutto il fronte di guerra che si avvicina, con il timore dei bombardamenti e l’incendio dei pozzi, a congelare per qualche tempo questa storia, bloccando qualsiasi intervento e rimandando il tutto a una futura perforazione.

Al 26 settembre 1946 risale l’esplosione improvvisa di un pozzo, che provoca la morte di quattro operai

È a guerra finita, il 28 aprile 1945, che Enrico Mattei - che negli ultimi anni del conflitto aveva militato nelle formazioni partigiane cattoliche con posizioni di responsabilità entrando nel Comando del movimento di resistenza dell’Italia Settentrionale - riceve la nomina di Commissario Straordinario per l’Agip. Il suo incarico è quello di dismettere l’Agip, mettere in vendita tutti gli impianti e chiudere la società. A quel punto sono i geologi, i geofisici e gli ingegneri minerari dell’Agip a chiedere a Mattei di non chiudere nulla, perché nel sottosuolo di Caviaga c’è un giacimento di metano. Una scoperta che, nell’Italia dell’epoca, non passa inosservata. Alcuni imprenditori dell’Italia Settentrionale iniziano a loro volta a contattare Mattei sollecitandolo a mettere in vendita gli impianti Eni, che, sottinteso, volevano acquistare e a prezzi anche appetibili in un simile percorso. Chiamate che iniziano a insospettire Mattei, che ha il fiuto dell’imprenditore e nel 1936, a 30 anni, ha avviato una propria azienda di prodotti chimici. Mattei inizia a capire che quelle chiamate per le vetuste attrezzature dell’Agip sono il frutto di un interesse più grande, legato a doppio filo con il forziere nascosto nel sottosuolo di Caviaga. Ed è lì che si dirige Mattei nell’autunno del 1945, per parlare a lungo con i tecnici che gli fanno cambiare idea e cambiano così anche il corso della storia. Mattei disobbedisce al Governo provvisorio italiano, non liquida l’Agip e va anche oltre: ordina ai geologi e agli ingegneri minerari di riprendere le perforazioni del pozzo numero due.

Caviaga così inizia a suscitare gli interessi del mondo. Qui vengono trasferiti tutti gli impianti dell’Agip  dispersi per l’Italia e fermi in altri cantieri in disarmo. E le operazioni di ricerca, destinate fino a poco prima a essere sospese, vengono intensificate. Ai pozzi uno e due ne vengono affiancati altri tre: il Caviaga tre, il Caviaga quattro e il Caviaga cinque. I risultati non sono da subito esaltanti, anche perché si lavorava con mezzi di perforazione antiquati e inadeguati, ma arrivano. Le trivellazioni del pozzo numero due danno i risultati sperati ovvero un grande giacimento di metano e un grande bacino gassifero, che in realtà si estende in terra e in mare fino allo Ionio. La produzione si sviluppa rapidamente: dai 2,7 milioni di metri cubi nel corso del 1946 si arriva presto, nel 1954, a 1,2 miliardi di metri cubi.

I problemi però non tardano ad arrivare e iniziano dal pozzo 5 di Caviaga. Da qui, un giorno, fuoriesce una violenta eruzione di gas che arriva fragorosamente dalla torre e si disperde con grande impatto nel cielo del Lodigiano in un’imponente colonna di oltre 30 metri d’altezza. L’eruzione dura tre giorni, sollevando curiosità prima e proteste poi, in arrivo dalla popolazione scossa dall’accaduto, ma anche dalle autorità e dalla stampa. E per immaginarle basta pensare a cosa sarebbe accaduto ai giorni nostri, di fronte a un episodio simile, con l’effetto amplificatore generato dall’evoluzione dei mezzi di comunicazione, sempre più multimediali, tra tv, internet e social media. O anche solo tornare, per un momento, alla mobilitazione di una parte della popolazione che si è vista, nel Lodigiano, quando è iniziato il percorso che ha portato alla creazione dello stoccaggio gas da 2,2 miliardi di metri cubi a Cornegliano Laudense, quando i timori si fondevano alle comunicazioni istituzionali. Tornando a 80 anni fa, il rumore è talmente fragoroso, che impedisce per tre giorni e tre notti agli abitanti di Caviaga e Basiasco di dormire. La torre di perforazione viene inghiottita dalla voragine, il terreno circostante si abbassa di un metro.

Non è stato l’unico episodio a far tremare la comunità del Lodigiano. Al 26 settembre 1946 risale invece l’eruzione improvvisa di un pozzo, in campo di Soltarico. Una disgrazia che provoca la morte di quattro operai e suscita grande commozione. A perdere la vita Federico Campanini, 38 anni, Francesco Cavalca, 26 anni, Pierino Rossi, 43 anni, tutti e tre di Parma e Guglielmo Fanzini, che di anni ne ha 37 ed è di Salsomaggiore.

La scoperta dell’ingente giacimento di Caviaga inizia a permettere il riscaldamento di un alto numero di città del Nord Italia

Le attività proseguono e la scoperta dell’ingente giacimento di Caviaga inizia a permettere il riscaldamento di un alto numero di città del Nord Italia. L’interesse del mondo si accende quindi sull’Agip e su Mattei. Ed è in questa fase, nel 1947, che arriva a Caviaga anche il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, seguito poi anche dal ministro delle Finanze Ezio Vanoni. Il 29 aprile 1950 De Gasperi torna ancora nel Lodigiano, sempre a Caviaga, questa volta insieme a Mattei. Visita anche i cantieri di Basiasco, poi si reca a Ripalta Nuova, sul Cremasco, per fare lo stesso. Lo Stato è a Caviaga, che diventa motore di quella nascente storia di sviluppo per il Paese. Il 30 dicembre arriva anche il ministro dell’Industria Giuseppe Togni e il 4 dicembre 1951 del ministro Pietro Campilli. «Il Lodigiano, esauriti i giacimenti di Caviaga e di Cornegliano Laudense, non seppe ottenere benefici duraturi - riepiloga ancora lo storico Pallavera - e lo stesso Mattei aveva tutto l’interesse a insediarsi vicino a Milano: necessitava di un aeroporto (e per questo fece triplicare le piste di Linate), mentre il Gruppo Eni acquisì la vasta area di San Donato Milanese, sulla quale sorse la cittadina di Metanopoli». Di questa storia però rimane un simbolo forse immortale ancorato a questa terra. «Mattei, nel suo soggiorno nel Lodigiano, udì la leggenda del drago Tarantasio che con il suo alito nauseabondo soffocava quanti gli si avvicinavano - chiude Pallavera -. Gli spiegarono che l’alito mefitico del drago era costituito dal metano che affiorava dalle paludi che si estendevano nella bassura di Caviaga, lungo il corso dell’Adda. Decise allora di scegliere come simbolo per la nuova società la figura di un drago che sputava fuoco, a sei zampe, perché doveva simboleggiare le quattro ruote dell’automobile e le due gambe del guidatore. Quell’immagine, diffusa in tutta Italia e negli Stati del mondo dove operò e dove tuttora prospera il Gruppo Eni, è giunta fino ai giorni nostri».

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