Favoriamo l’integrazione ma ricordiamoci chi siamo

L’editoriale del direttore de «il Cittadino» Lorenzo Rinaldi

Il caso della scuola di Pioltello ha catturato l’attenzione dell’opinione pubblica, tuttavia ciò che è avvenuto nella cittadina alle porte di Milano si è replicato in numerosi altri comuni, almeno in quelli dove la presenza di comunità islamiche è consistente, come Lodi. Nel giorno di chiusura del Ramadan una parte dei bambini in età scolare di religione musulmana si è assentata da scuola per partecipare ai riti della propria comunità, così come in tutto il mese precedente non sono mancati nelle mense delle nostre scuole i bambini che non hanno mangiato. Con il conseguente impegno, da parte delle maestre, di motivare al resto della classe perché il loro compagno digiunava. Bene hanno fatto peraltro quelle docenti che hanno chiesto agli stessi ragazzi islamici di spiegare ai loro coetanei le ragioni del loro agire. Mi pare un bel modo di favorire il dialogo. Anche a Lodi, peraltro, nel giorno della festa della rottura del digiuno, esponenti della comunità islamica hanno auspicato che l’assenza da scuola possa essere considerata giustificata.

Una vera integrazione, infine, non può pretendere di cancellare o annacquare la società originaria, non può recidere le radici. Dunque dobbiamo essere noi i primi a rivendicare con orgoglio e senza paura il nostro modello culturale, che - piaccia o meno - è frutto degli insegnamenti del cristianesimo, sui quali è stata costruita l’Europa

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