Telekommando

Non me ne vogliano tutti coloro che seguono con passione e accanimento (eh sì, ci sono anche loro tra questi: gli “odiatori” di professione, infatti, non mancano) i reality che imperversano in tutte le stagioni sulle reti Mediaset. Ma, l’ultimo in ordine di apparizione è Temptation Island – già perché e giustifico l’uso “cinematografico” del termine dall’annuncio che si avranno addirittura due GF, Nip e Vip o Gold, per i 25 anni del reality più iconico della tv – dunque, scrivo di Temptation Island: il reality dove alcune coppie in crisi tentano di riconquistarsi o lasciarsi. Tra loro un nugolo di tentatori e tentatrici, alcuni di una bellezza disarmante. Soprattutto per i partecipanti che già hanno da risolvere i loro problemi, talvolta anche già superati, anche in senso negativo tanto che era pure inutile andare in tv come si è visto nelle prime puntate, finendo però per fare il gioco della trasmissione stessa. D’altronde, i meccanismi autoriali messi a punto in Temptation hanno un rodaggio che viene da lontano e si alimenti da una sorta di prova generale continua dettata ad es. da Uomini e Donne. La produzione è la medesima. Detto questo, non si svela niente di nuovo, soltanto che tolta la polvere quotidiana delle confessioni dei fidanzati (ma che tristezza ascoltarle) e i climax dei falò. Poco resta, se non le schermaglie amorose tra tentatori e fidanzati che assomigliano sempre più ai piccoli romanzi d’appendice tanto cari alle sartine di inizio novecento.

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