
Telekommando
Qualche volta ci si domanda il perché nel vuoto mediatico – televisivo della bella stagione anche una critica, tutt’al più una parola, fuori posto possa scatenare polemiche e botte e risposte che appiccano non incendi, ma fuocherelli di poca entità. Che durano lo spazio dell’accensione di un fiammifero. È il caso sollevato da un noto (e stimato dal sottoscritto) critico televisivo che se l’è presa con Techetechetè e con il fatto che usa, e lo dico in modo spiccio, pezzi d’archivio prelevati dal terminale Rai. La risposta via social dall’autore del programma non si è fatta attendere. Non la cito, la riassumo così. La ricerca dei materiali che vanno ad essere montati per la trasmissione il più delle volte sono frutto di ricerche e scoperte. Aggiungo: una vera e proprio caccia se non all’inedito, a ciò che è stato per molto tempo invisibile. Vuoi perché dimenticati, vuoi perché erano stati registrati su supporti smessi da tempo. Ovviamente, a legger così la questione ci si rende perfettamente conto che la polemica è stata solo un vuoto da riempire. Perché, nel bene o nel male, Techetecheté resta una risorsa incredibile per l’emittente pubblica: da un lato si viaggia sull’onda della memoria, dall’altro si salvaguarda un patrimonio inestimabile di cultura e intrattenimento. E la tv non dimentichiamocelo è stata (e dovrebbe essere ancora così) un veicolo di sapere su cui tutti possono salire.
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