Provincia di Lodi, tra un anno le urne: è già cominciato il grande risiko, ecco i primi nomi

La corsa sembra proibitiva per il centrosinistra, nel centrodestra Fratelli d’Italia punta alla presidenza

Provincia di Lodi, al voto tra un anno e le grandi manovre sono già cominciate. Se la proposta di legge di riordino delle province arriverà per tempo si andrà al voto nella prima metà di giugno 2024, in un election day che raggrupperà amministrative (nel Lodigiano 48 comuni sui 60 della provincia), europee e provinciali. Per questo i partiti si stanno già muovendo per comporre il risiko a incastro di nomi e caselle da riempire. A partire dalla Provincia.

Il primo dubbio riguarda il presidente in carica. Fabrizio Santantonio oggi governa con una maggioranza di centrosinistra, ma con le condizioni politiche attuali la corsa a Palazzo San Cristoforo sembra proibitiva per il centrosinistra, e non è detto che un politico di lungo corso come il presidente si metta a disposizione per una mera testimonianza. Con un addio, a oggi solo ipotetico, di Santantonio, sarà da verificare la tenuta dell’alleanza tra sindaci civici di Lodigiano Terranostra e il centrosinistra istituzionale. La tentazione potrebbe essere quella di un candidato giovane sulla ribalta territoriale, per permettergli di fare esperienza da capo-coalizione e in consiglio provinciale, meglio se con un’esperienza locale già significativa. Difficile oggi ipotizzare dei nomi, ma figure come quelle di Daniele Saltarelli sindaco di Castelgerundo, lato civici, o le sindache di Salerano Stefania Marcolin o di Casaletto Nathalie Sitzia, lato Pd, avrebbero dei profili in linea con questo ragionamento. Ancora tutto da verificare.

Sul fronte del centrodestra sembra scontato che si corra tutti insieme, a maggior ragione dopo l’uscita a marzo della Lega e di Forza Italia dal patto territoriale di governo. Fratelli d’Italia punta alla presidenza, non è un mistero. Ma se i voti non sembrano mancare, sono i nomi giusti a latitare. L’esponente di area più esperto è Nancy Capezzera, ex assessore provinciale, che però da anni si è fatta da parte. Un suo ritorno (non è sfuggita la sua presenza in Provincia per la visita del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, suo amico personale) non sarebbe ben visto oggi da tutto il partito. L’altro nome, già speso anche per le elezioni politiche, è quello di Giulia Baggi, consigliere comunale a Lodi. In questo caso, però, sarebbe inevitabilmente affiancata da una giunta politicamente molto forte.

E allora tornano alte le quotazioni della Lega, pure indietro nel consenso. Il primo nome che subito si rincorre è quello dell’ex presidente della Provincia ed ex assessore regionale Pietro Foroni, ma non è detto che sia disponibile. Dopo la mancata rielezione in Regione, di lui si parla con insistenza per altri incarichi. Cristiano De Vecchi, orfano del Parco Tecnologico Padano, oggi non ha cariche, e potrebbe tornare in pista per un ruolo da protagonista a Palazzo San Cristoforo. Più difficile un ritorno di Francesco Passerini, troppo fresca la bocciatura dell’anno scorso, pur maturata in un contesto diverso. Il Carroccio però potrebbe guardare anche a qualche sindaco come Giovanna Gargioni di Borghetto o Elia Delmiglio di Casale. A oggi la proposta di legge non prevede incompatibilità.

Da ultimo, nell’eventuale stallo tra i due partiti maggiori, anche Forza Italia potrebbe avere delle chance, con il neo-segretario Mauro Salvalaglio che sembra avere il cursus honorum corretto. Contro di lui gioca forse il prudente atteggiamento centrista avuto in occasione dell’addio all’attuale maggioranza in provincia, quando non sembrava disposto ad arrivare al muro contro muro totale. Ma sull’onda emotiva dell’addio a Berlusconi, il partito è in crescita.

In ogni caso la definizione dei candidati dovrà rispondere anche a una logica di equilibrio a livello regionale, soprattutto per il centrodestra, e a un gioco a incastri con le elezioni comunali. Per il centrosinistra, la speranza è che la legge di riordino arrivi tardi, oppure sia modificata confermando il mandato dei presidenti in carica, rinviando le votazioni di almeno due anni. Il tempo per Santantonio di chiudere le tante partite aperte, e per il centrosinistra di riorganizzarsi e strutturarsi con una proposta politico-amministrativa convincente.

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