LA RIFLESSIONE Il voto comunale del 2022: servono giovani impegnati

L’editoriale del direttore del «Cittadino» Lorenzo Rinaldi

Archiviata la tornata delle amministrative, che nel nostro territorio si chiuderà con il ballottaggio di Peschiera Borromeo, è già tempo di guardare alle prossime scadenze. Nel 2022, verosimilmente in primavera, andranno al voto centri importanti della provincia di Lodi e del Sudmilano, primi fra tutti Lodi e Melegnano. È assai probabile che, a meno di eventi inaspettati, i sindaci Casanova e Bertoli si ripresentino agli elettori. Sul fronte delle alternative (a Lodi il centrosinistra, a Melegnano il centrodestra) non ci sono ancora elementi certi: manca cioè un candidato sindaco.

Fin qui lo scenario. Se guardiamo invece alle amministrative dello scorso 3-4 ottobre troviamo alcuni elementi che chiedono una riflessione. Il primo, già ampiamente segnalato, è il forte astensionismo: un tempo relegato a elezioni meno “sentite” dai cittadini (ad esempio le europee) oggi è diventato un serio problema anche per le consultazioni nelle quali l’elemento umano è sempre stato predominante, cioè il voto per eleggere il sindaco. Non è un bel segnale e denota stanchezza nell’elettorato e problemi da parte dei partiti (delegittimati da una politica nazionale spesso incomprensibile) nella mobilitazione degli elettori. Non è un caso che, se guardiamo ai nostri territori, le liste civiche, le “liste del sindaco”, abbiano avuto buone performance, con l’esempio eclatante di San Giuliano Milanese dove la civica di Segala ha dato una “bastonata” alle liste dei partiti di centrodestra che pure erano nella medesima coalizione del sindaco uscente. Come dire: i sangiulianesi hanno votato il sindaco (giovane), non i partiti che lo sostengono.

Il secondo spunto di riflessione riguarda la difficoltà nel trovare candidati. In questo caso l’esempio eclatante - in negativo - è quello di Sant’Angelo Lodigiano, dove siamo passati in vent’anni da competizioni con 6-7 candidati sindaci (e altrettante liste) a una asfittica sfida a due, quella del 2021, centrodestra contro centrosinistra, due liste e una manciata di candidati per una piazza da sempre vivacissima di 13mila abitanti. E, difficoltà nella difficoltà, sono sempre meno i giovani che si affacciano all’impegno civico e che si mettono in gioco. Un problema serio, quest’ultimo, perché la “buona politica” non può limitarsi ad amministrare l’oggi ma deve disegnare il futuro, orientare la società dei prossimi decenni.

Abbiamo bisogno di più giovani in politica, a tutti i livelli, dai Comuni al Parlamento. E soprattutto abbiamo bisogno di giovani seri, preparati, coraggiosi.

Se pensiamo al mondo che ci attende, se guardiamo a come il Covid sta trasformando la nostra vita, possiamo indicare cinque ambiti di intervento nei quali si giocherà il futuro delle nostre città, della nostra società, e che chiamano i giovani all’impegno immediato.

1) La rivoluzione verde non è più una opzione, è ormai una necessità. È evidente che occorre ripensare la vita quotidiana e gli spazi pubblici nelle nostre città, introdurre più alberi per mitigare l’innalzamento medio delle temperature e garantire respiro ai centri storici circondandoli di corridoi verdi che portino ai grandi polmoni periferici, alle nuove foreste (il modello della Foresta di Pianura di Lodi è vincente sebbene migliorabile).

2) Stiamo sperimentando con successo - nel privato più che nel pubblico - lo smart working. Andrà codificato e disciplinato in maniera intelligente, ma in molti settori indietro non si tornerà. Lo dicono i grandi colossi dell’economia e le grandi società multiservizi, dall’Eni di San Donato Milanese al gruppo Cap, che gestisce il sistema idrico in tutta la provincia di Milano, cioè in uno dei quadranti chiavi dell’Europa, e che proprio a Milano sta costruendo una nuova sede che non conterrà fisicamente l’intera forza lavoro perché parte dei dipendenti resterà in remoto.

3) Alla rivoluzione verde occorrerà abbinare, anche nelle nostre città, un nuovo piano di infrastrutture fisiche e digitali (in alcuni comuni lodigiani Internet resta lentissimo mentre nel deserto del Sahara con un telefono satellitare si arriva in tutto il mondo). Oggi abbiamo “finte” e pericolose piste ciclabili disegnate sull’asfalto (viale Milano a Lodi è un esempio); servono invece modelli integrati con alberi, spazi per le auto e percorsi per ciclisti e pedoni. Ma non li possiamo creare limitandoci a restringere le carreggiate come oggi avviene. E poi, restando alle infrastrutture, pensiamo al tema della sanità pubblica, alle case della salute. Il modello attuale - che scarica la maggior parte dei cittadini sugli ospedali, spesso ormai obsoleti e privi di nuovi spazi per espandersi come il Maggiore di Lodi - non può più reggere e il Covid lo ha certificato. Cremona, Bergamo, Piacenza hanno costruito o lo faranno nei prossimi anni nuovi ospedali. Noi no. Perché?

4) Se vogliamo realmente invertire la rotta e imboccare un percorso di crescita economica occorrerà concentrare idee, risorse e progetti sulle famiglie. Abbiamo un sistema di asili nido inadeguato, se solo pensiamo a Lodi ci ritroviamo con un solo Spazio Gioco pubblico e il progetto Ex Fanciullezza non completato. Non riusciamo ancora a scardinare un modello che carica sulle donne la gestione dei figli, della casa e del lavoro (anche se tra i più giovani grandi progressi si stanno facendo). E continuiamo ad alimentare un sistema che non pensa alle nuove generazioni. Brutalizzando: pensiamo ancora troppo alle pensioni (sacrosante) e troppo poco alle scuole.

5) Infine la “sfida” della nuova società italiana. Vero è che si tratta di un tema che travalica le nostre singole comunità, ma l’Italia del domani (che sta nascendo già oggi, sotto gli occhi di tutti) ci pone dinnanzi a dinamiche che non possono più essere trascurate. Si può essere d’accordo o contrari (entrambe le posizioni hanno elementi di ragionevolezza a dire il vero), ma il tema dello Ius Soli e delle sue ricadute pratiche entrerà prepotentemente, automaticamente e sempre con maggior frequenza nelle agende dei nostri amministratori locali, perché è già realtà nelle scuole, sui luoghi di lavoro, nella vita dei nostri giovani, nello sport, nella cultura, in generale nella società italiana. E dunque o lo si disciplina, anche dal basso, o lo si “subisce”.

Dall’ambiente alla società, siamo in una fase di transizione di enorme portata, rivoluzionaria a suo modo per il nostro Paese e per l’Europa tutta. Nei prossimi anni saremo chiamati ai disegnare l’Italia del futuro, e lo dovremo fare a partire dalle nostre città. È inimmagginabile lasciare fuori da questo processo i giovani, ragazzi e ragazze sotto i quarant’anni. I partiti, ma in generale la nostra società, non se lo possono permettere.

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