Ferrari: «Sulla moschea avevo ragione io»

«Sulla moschea i fatti hanno dato ragione all’idea iniziale. Ora gli islamici hanno un loro centro». L’ex sindaco Aurelio Ferrari torna sulla vicenda del centro di preghiera per musulmani, che aveva fatto tanto discutere in città. Un progetto che era stato cancellato da Lorenzo Guerini nel 2005. A distanza di anni, Ferrari rivendica le sue scelte e discute delle decisioni dell’attuale giunta in Broletto. L’esponente Pd si è dimesso nei giorni scorsi dal consiglio comunale all’età di 67 anni e ieri ha tracciato un bilancio del suo impegno politico.

Si dimette dopo meno di due anni. È in disaccordo con il sindaco Uggetti?

«No assolutamente. Come ho scritto nella lettera di dimissioni scritta a Colizzi, ho trovato sia Simone Uggetti che Andrea Ferrari molto cresciuti da quando li avevo lasciati al termine del mio incarico in Comune come sindaco. Uggetti ha l’idea dell’insieme, ha una capacità di valutare e giudicare le situazioni che mi ha sorpreso. Magari ha qualche limite caratteriale, come li abbiamo tutti, ma è un sindaco capace».

Lascia il mandato a metà. Per quale motivo?

«All’accettazione della candidatura già affermai che avevo questo limite di tempo. Ho un incarico alla Fondazione Danelli».

Quanto ha pesato l’esposto dei “5 Stelle” in prefettura?

«Quell’esposto vada a finire come deve. La questione era precedente e chiara. L’avevo detto in consiglio. Quando è arrivato l’esposto io avevo già concordato con Uggetti l’uscita dal consiglio dopo la discussione del piano Pharmagel».

Cosa pensa dell’operazione Tadi?

«Avevo apprezzato Sergio Tadi quando era in minoranza per l’equilibrio con cui trattava le questioni, cosa che a mio parere riguarda tutto quel gruppo di Primavera lodigiana. Mi è dispiaciuta però l’uscita di Sel, che ha scelto autonomamente di andarsene della maggioranza, perché l’apporto dei consiglieri di Sel è un apporto intelligente. Dal punto di vista della giunta, l’operazione Tadi è accettabile. Personalmente sono però orientato a una decisa appartenenza a una sinistra che abbia idee, principi chiari e determinati. Avrei tentato qualcosa in più per tenere vicino e saldare il rapporto con Sel».

In consiglio comunale il clima è troppo acceso? Giusto cambiare il regolamento?

«Le modifiche al regolamento sono state motivate dalle necessità di discutere maggiormente dei provvedimenti. Mi ha sorpreso in questa tornata l’eccessiva attenzione al regolamento, così è controproducente. Faccio un esempio: se un assessore deve spiegare osservazioni urbanistiche ha bisogno di più tempo. Adesso c’è un po’ troppo formalismo. Alcuni anni fa non era così».

La battaglia sul centro islamico non era stata però meno accesa. Lei è passato alle cronache per il “sindaco della moschea”

«Ricordo che avevo ricevuto il sostegno dell’allora Partito Popolare e degli altri alleati di centrosinistra. Ero stato chiamato anche a parlare nella convention prima di Rutelli. Era stato per me un momento molto appagante. E mi aveva sorpreso la marcia indietro successiva di Lorenzo Guerini sulla proposta della moschea. Per me quelle era stata una scelta giusta, che rifarei e su cui non ho rimpianti. Credo sia necessario coinvolgere gli stranieri che abitano qui, riconoscendo diritti e doveri. Il mio piano è stato poi abbandonato, ma oggi gli islamici hanno comunque un loro centro e si sono anche ampliati. Con la partecipazione del Comune avremmo avuto un impegno reciproco».

Si è chiuso da qualche anno il “caso” Isolabella. Rifarebbe quella permuta tanto discussa?

«La vicenda giudiziaria è durata sette anni. Era stato ipotizzato un abuso d’ufficio, che si è rivelato nullo e sono stato assolto. La scelta coraggiosa era stata fatta dal consiglio comunale nel 1998, che aveva respinto un piano con il parere favorevole degli uffici. La decisione era stata presa per l’esondabilità del terreno e per una struttura di vendita di grandi dimensioni. Era evidente che dal punto di vista giuridico eravamo scoperti e dovevano trovare soluzioni. Ed è stata individuata la via della permuta delle aree. Poi c’era stata la contestazione della procura. L’alluvione ci ha dato ragione, visto che l’area Isolabella era andata sotto».

Sull’alluvione del 2002 il Broletto poteva fare di più?

«L’unica cosa che si poteva fare in più era un’ordinanza maggiormente estesa, ma nessuno si aspettava che arrivasse una piena di quel genere. Alla sera era stato fatto lo sgombero, ma le previsioni erano di una diminuzione del livello. La piena ha invece superato gli argini storici della Emilia e della strada per Boffalora».

Ha governato nove anni, quali opere ricorda come segno distintivo del suo operato?

«Il piano della sosta in quei nove anni ha avuto una spinta notevole. Cito l’ex macello, il parcheggio D’Azeglio, il parcheggio Massena, via Bassi. Abbiamo rimesso in moto l’edilizia economica popolare. Abbiamo pagato circa 5 miliardi di vecchie lire dai vecchi espropri. Abbiamo sbloccato il prestito della Regione relativo alla caserma Chiarle di 4 miliardi e 300 milioni. Sono state inoltre riqualificate diverse zone di Lodi: piazza Castello, piazza Barzaghi, piazza Ospitale, piazza della Stazione.

Com’erano i rapporti all’interno delle sue giunte? Due erano le figure che spiccavano per personalità, l’ex assessore Biscaldi e il compianto vice sindaco Paola Tramezzani

«Tramezzani era assolutamente autorevole, era capace di mediare ed era molto forte nelle materie di sua competenza. Devo esserle molto grato perché più volte le affidavo il ruolo di rappresentanza dell’amministrazione. È sempre stata corretta e onesta. Con Biscaldi mi vedo ancora adesso. Lo ritengo di un’intelligenza superiore, forse ha qualche limite caratteriale, ma è una persona che si espone ed è uno che non ti abbandona mai».

Quali sono i progetti che ha in mente per il futuro?

«C’è l’impegno con la Fondazione Danelli, presto poi un aiuto alla cooperativa sociale San Nabore. La politica è una malattia da cui non si guarisce. Non credo però che in futuro ci saranno altri impegni di carattere amministrativo».

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