Claudio Pedrazzini: «Sì alla fondazione»

L’acceso dibattito che in questi giorni accompagna le decisioni sul futuro di Santa Chiara è la conferma dell’importanza che l’istituzione di via Gorini continua ad avere per la città e i suoi abitanti.

Santa Chiara, infatti, è patrimonio di tutta la comunità lodigiana e quella di passare da Asp a fondazione è una scelta fatta per garantire non solo il rispetto delle volontà dei tanti benefattori che negli anni hanno contribuito alla creazione della Residenza Sanitaria Assistita più grande del Lodigiano, ma anche lo stretto legame della storica istituzione con le realtà territoriali.

Stiamo parlando di un centro di eccellenza che – affiancando, in particolar modo negli ultimi anni, alla storica Casa di Riposo molti nuovi servizi (dal Centro diurno integrato all’Assistenza domiciliare integrata, dall’accoglienza degli stati vegetativi all’assistenza dei malati di Alzheimer) – ha dimostrato di saper ascoltare gli emergenti nuovi fabbisogni territoriali e di trasformarsi in un imprescindibile elemento della “comunità della cura” del Lodigiano sicuramente di oggi, ma ancor più di domani.

Purtroppo nel confronto recente non sono mancate strumentalizzazioni di parte o la volontà di diffondere timori ingiustificati sul futuro ‘pubblico’ dell’ente, sui livelli di cura garantiti agli ospiti e sul destino dei dipendenti, tutte certezze che la scelta fatta non mette in discussione.

Per evitare ulteriori fraintendimenti è bene, allora, tornare a puntualizzare alcuni aspetti della vicenda.

Per cominciare, il fatto che il passaggio dall’attuale Asp a fondazione non ha nulla a che vedere con presunte logiche spartitorie o con rendite di posizione. Oggi chi gestisce Santa Chiara lo sta facendo con competenza e passione, come è dimostrato dal potenziamento dell’offerta agli ospiti e dall’oculata gestione di bilancio degli ultimi anni. Sono caratteristiche che verranno richieste anche ai futuri amministratori, che continueranno a rispondere sempre e comunque alle istituzioni pubbliche, comprese quelle che definiscono gli accreditamenti.

In noi che abbiamo sostenuto la fondazione e che siamo anche al governo della Regione Lombardia, non vi può essere naturalmente alcun timore verso il ruolo che il Pirellone avrebbe avuto nel caso di mantenimento dell’Asp, ma solo la certezza che quella che impropriamente si continua a definire oggi ‘privatizzazione’ è la soluzione migliore per un’istituzione con le caratteristiche e la storia di Santa Chiara, per la tutela e il rafforzamento dell’attuale struttura, dei livelli di assistenza e del patrimonio al quale i lodigiani hanno concorso in maniera decisiva.

E’ bene chiarire anche che non ci saranno conseguenze sul personale, che pur perdendo formalmente lo status di ‘pubblico’ continuerà ad essere garantito da uno statuto che equipara il futuro contratto dei dipendenti di Santa Chiara a quello precedente e che prevede anzi clausole di salvaguardia di posizioni e livelli retributivi molto stringenti e difficilmente revocabili. Proprio perché in tutti noi è forte la consapevolezza del ruolo, della professionalità e dell’impegno offerto dai dipendenti di Santa Chiara innanzitutto agli ospiti e alle loro famiglie.

In questo momento storico, in cui il mercato del lavoro è in picchiata un po’ in ogni settore, cercare di alimentare una dura contrapposizione con lavoratori che né oggi né domani dovranno rinunciare al contratto e alla retribuzione, non trova giustificazione alcuna nelle ragioni che hanno portato a preferire la forma della fondazione e nel modo in cui essa verrà concretizzata.

Non c’è infine alcuna motivazione campanilistica alla base della scelta da noi sostenuta in Consiglio comunale. C’è solo il fatto che contrariamente da altri restiamo convinti che la sussidiarietà, il decentramento e la valorizzazione dei territori siano sempre da difendere e non solo quando fa comodo.

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