Quel “c’era una volta” sul cinema italiano

Un critico cinematografico non è solo un critico che scrive, ma è soprattutto uno spettatore ragionante e un ricostruttore di emozioni. Da tale definizione sono lasciati cadere i tanti risvolti lavorativi che ne hanno ristretto i margini di intervento quotidiano e di rimando gli hanno allargato altre funzioni, come quelle del curatore di rassegne, direttore di festival, eccetera. Chi ha svolto tutte queste mansioni con senso di pago divertimento è Steve Della Casa, conduttore del programma radiofonico Hollywood Party, che con piglio umoristico traccia a suo modo una storia del cinema italiano che nel sottotitolo chiama inconsueta, e più propriamente sentimentale in altro luogo del suo ultimo libro Splendor. In rapida panoramica Della Casa, dagli albori della cinematografia nazionale (si ricorda che è Torino la città che ha inaugurato il cinema) fino alle ultime propaggini del secolo scorso e con qualche escursione nell’attualità intreccia aneddoti a giudizi, narrando aspetti misconosciuti, tra i tanti, di registi come Antonioni o l’indimenticabile Lizzani.

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Steve Della Casa, Splendor, Laterza editore, Bari-Roma 2013, pp. 140, 14 euro

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