Pax alla romana. Gli eterni vizi del potere sembra non arrivare in libreria a caso. Non c’è bisogno di scomodare teorie complesse e filosofiche per tenere a mente ciò che gli antichi dicevano, e cioè che la storia è sempre maestra di vita, anche per chi invece la vive come un incubo (l’esergo joyciano del libro è esplicito in tal senso). Chi lo ha compreso e ne ha fatto per lunghi anni (fino alla recente scomparsa) un punto dolente e allo stesso disincantato della sua esistenza è stato il latinista e sublime traduttore di Virgilio e Lucrezio, Luca Canali. Ed ecco che, con immutata verve polemista e con l’aiuto del filologo Lorenzo Perilli, Canali ha riallestito, in uno dei suoi ultimi lavori, una celebre antologia di poeti latini uscita negli anni ’50 e che tornerà nei decenni successivi accresciuta e mutata dallo scorrere del tempo e dal cambiamento dei costumi e dei vizi degli italiani. Qui, attraverso brani, in ordine sparso da Sallustio, Giovenale, Cicerone, Tacito, Svetonio e altri, sembra leggersi non più il tramonto di un passato, ma il mezzogiorno di un presente preso dai suoi sordidi traffici.
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L. Canali - L. Perilli, Pax alla romana. Gli eterni vizi del potere, Giunti, Firenze 2014, pp. 196, 14,90 euro
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