La difficoltà di dare un senso all’esistenza

Accompagnato in copertina da un disegno dell’autore d’ascendenza franco- spagnola (la via è quella tracciata da Picasso e fatta propria da scrittori- artisti come Cocteau) e’ uscito in concomitanza mondiale per Adelphi il nuovo romanzo di Milan Kundera: uno dei quattro, cinque scrittori più importanti del mondo (Calasso dixit). Non a caso si sono scomodati due nomi tutelari del ‘900, perché i personaggi de La festa dell’insignificanza, nel tempo e nello spazio (Parigi e i giardini del Lussemburgo ) in cui si muovono, hanno tutta l’aria di non voler abbandonare quel gran teatro composito e mutevole che è stato il ’900. Lo stesso pare di Kundera, che si lega a una genia di intellettuali e scrittori che cercano di trovare il proprio habitat nella traslitterazione linguistica. Capostipite è Beckett. Costruita una teoria di relazioni si possono seguire le ore di tre-quattro personaggi che non fanno altro che fingere di essere malati, di cambiare identità, di amare la propria madre, di sognare quando invece stanno cercando ossessivamente di dare un senso alla propria esistenza.

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Milan Kundera, La festa dell’insignificanza, Adelphi, Milano 2013, pp. 128, 16 euro

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