Gentile, l’anima culturale del regime fascista

Il filosofo sposò la dottrina del Duce e, tra l’altro, fu direttore della Treccani e direttore della Normale di Pisa

Una monografia densa sul filosofo Giovanni Gentile nella sua avventura di intellettuale a servizio del fascismo dalla marcia su Roma fino alla Repubblica di Salò, quando la sua vita fu stroncata da un attentato partigiano a Firenze nell’aprile 1944. Lo storico Franzinelli si avvale sia di fonti bibliografiche sia di documentazione, spesso inedita, proveniente dall’archivio centrale dello Stato e dall’archivio della fondazione Gentile.

Già famoso per la sua attività di filosofo dell’idealismo, quando Mussolini prese il potere Gentile si immedesimò con il fascismo e assunse il ruolo di principale organizzatore culturale del regime, in stretta sintonia con il Duce a cui subordinò la sua spiccata abilità di divulgatore. Il solo turbamento e disincanto rispetto al capo fu, nell’estate del 1924, la crisi morale e politica seguita all’assassinio del deputato Giacomo Matteotti. In quel frangente Gentile si dimise da ministro dell’Istruzione, ma non venne meno la sua fede nel fascismo, di cui aveva teorizzato la valenza pedagogica del manganello.

Dopo la svolta dittatoriale del fascismo, Gentile si prodigò per rivendicare alla dittatura la piena attuazione dei principi del liberalismo: «Il liberalismo ora si chiama fascismo». Il 21 aprile 1925 pubblicò il “Manifesto degli intellettuali italiani fascisti”, che esaltava il fascismo come movimento politico e morale, un ideale in cui l’individuo poteva trovare la sua ragione di vita. Il filosofo Benedetto Croce gli contrappose il “Contromanifesto degli intellettuali antifascisti”, che, ribadendo l’autonomia della cultura, individuava nel fascismo una degenerazione morale.

Mussolini seppe blandire Gentile e ripagarlo con prestigiosi incarichi, che gli procurarono cospicui vantaggi economici, cui ambiva: senatore, membro del gran consiglio del fascismo, promotore e direttore della enciclopedia italiana Treccani, direttore della scuola Normale di Pisa, presidente dell’istituto nazionale fascista di cultura. Gentile fu accanto al Duce anche nella guerra civile: continuò nell’azione di organizzatore culturale e si impegnò in un’opera di pacificazione degli animi.

Chi lo uccise volle colpire il suo silenzio sulla repressione che dilagava a Firenze e il suo essere un emblema del collaborazionismo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA