Gadda: attualità a cinquant’anni dal suo “Diario”

Sono passati più di 40 anni da quando morì Carlo Emilio Gadda nel 1973 e la sua figura, la sua opera non hanno fatto che crescere di importanza, che acquistare nuovi significati nel panorama del nostro Novecento. Giorgio Patrizi, professore ordinario di Letteratura italiana all’Università del Molise, da anni lavora su questo autore e ora pubblica un saggio che tira le somme della sua analisi e degli studi fatti in Italia, e non solo, sino a oggi (una folta bibliografia essenziale prende 10 pagine), presentato alla Biblioteca Nazionale di Roma. Il saggio esce in questo anno, centenario della Grande guerra, e per i cinquanta anni dalla pubblicazione, nel 1965, dell’edizione completa del suo Diario di guerra e di prigionia relativo a quell’esperienza. Quel che riesce a Patrizi, e che è forse la prima volta in tanto scrivere e studiare su Gadda, è ricostruire il suo intero percorso umano e intellettuale, indagando le sue opere all’interno dell’inquieto procedere dello scrittore, dei rapporti con la propria autobiografia, con le trasformazioni della società intellettuale e civile, con la cultura della tradizione e del rinnovamento novecentesco, nel segno di una indignazione profonda per i frutti di tutta una cultura e dei tradimenti della storia, a cominciare dalla guerra e il fascismo, traducendo il proprio disagio interiore, spesso drammatico, in un senso esistenziale di persecuzione che è emblematico e diventa universale. È nella consapevolezza di accompagnare il passaggio dei secoli, di provare a saggiare la continuità novecentesca di valori, immagini, retoriche, linguaggi nati nel secolo precedente, che lo scrittore manifesta - per lo studioso - la sua fondamentale, talora perfino ingombrante, centralità. Ed è in questo contrapporre e assieme porre in continuità due fasi della modernità, quella appunto ottocentesca e quella novecentesca, la forza delle radici cui si legano i nostri strumenti per interpretare la realtà e il loro urgere e premere per una presenza nell’oggi. «In questo senso ogni discorso su Gadda rischia di apparire, anzi di essere, interminabile - per Patrizi - Quale centro dei movimenti che hanno segnato i momenti più difficili e complessi del Novecento, la sua opera si offre come testo che produce altri testi, altre scritture, con una prolificità che ha solo pochi altri eguali nella nostra storia letteraria». Un’opera universo, insomma, paragonabile in questo solo alla Commedia dantesca, alle tragedie greche o il corpus teatrale shakespeariano. Ciò, con opere di più impegnativa lettura, ma anche tanti racconti e romanzi coinvolgenti, di poesia e incisiva ironia, dalle novelle de L’Adalgisa e Gli accoppiamenti giudiziosi ai romanzi La cognizione del dolore e Quer pasticciaccio brutto... (da cui il film Un maledetto imbroglio di Pietro Germi). Per questo appare chiaro quale capacità di sintesi e di scandaglio siano necessarie (e Patrizi le rivela pagina dopo pagina, man mano che si addentra nel suo discorso lungo le pagine di Gadda) per mettere ordine e trovare un limite e un senso a tutto questo, alla storia della densa e sfaccettata vicenda intellettuale e umana di quello che non si può non riconoscere come il maggior prosatore italiano della modernità: «Prosatore, non narratore, perché nella problematica gaddiana occupa un ruolo di rilievo il suo modo nevrotico ma sempre geniale di attraversare tutti i generi della scrittura -racconto, romanzo, favola, diario, teatro, poesia, saggio, recensione, pamphlet e altro ancora - in ciascuno portando un intento di sperimentazione e di rinnovamento».

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Giorgio Patrizi, Gadda, Salerno Editrice, Roma 2014, pp. 272, 14 euro

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