Caro padre ti scrivo: il dialogo tra i Borgese

Giuseppe Antonio Borgese fu uno degli intellettuali più in vista degli anni Venti e Trenta: emigrò negli Stati Uniti dopo essere stato uno della dozzina di professori che disse di “no” a Mussolini, scrisse romanzi (Rubè il più importante), critica (fu tra i primi a intuire la novità de Gli indifferenti), biografie (pure sul Duce) e fece molto altro, tra cui lasciare la moglie per sposare la figlia di Thomas Mann, da cui ebbe una figlia. Ma, in Italia, un paese in guerra, oltre alla moglie c’erano i figli: tra cui Leonardo, critico d’arte e pittore di rara intelligenza (professione che “metterà in sonno” durante l’esercizio della critica sul «Corriere della Sera»), che a un certo punto avverte l’esigenza di scrivergli. La sua lettera, risalente all’agosto del ’45, trova ora pubblicazione insieme a un altro testo, di due anni prima, in Finalmente tutto finì: libretto che ne esalta, grazie anche alla rigorosa prefazione di Magris, tutto il sentimento di un figlio che non giudica il padre (Kafka non è il riferimento più consono), avvertito controcorrente come l’interlocutore più adatto all’ascolto.

Leonardo BorgeseFinalmente tutto finìArchinto editore, Milano 2016, pp. 62, 12 euro

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