Calasso e Adelphi, verità di un editore

L’uscita di ogni libro di Roberto Calasso di per sé è un evento. Il suo essere uomo di letteratura totale lo costringe a un costante esercizio acrobatico, non solo per lui, ma anche per i suoi lettori. Infatti è difficile resistere alle suggestioni dell’iperletterario narratore de La folie Baudelaire o L’ardore; più facile essere sedotti dal raffinato traduttore e dall’ostinato editore della più snobistica, elitaria e popolare casa editrice italiana, l’Adelphi. Ma, non ditelo, è una diceria messa giù ad arte, perché l’Adelphi è molto di più e a raccontarlo tra scritti editi e inediti è lo stesso Calasso ne L’impronta dell’editore: titolo bellissimo, che già racconta una storia e è una narrazione senza infingimenti, un romanzo nel saggio. Dagli inizi della casa editrice con Bobi Bazlen e Luciano Foà, con il tentativo di costruire tutta una serie di libri unici che aprissero al lettore più di un indirizzo e che fossero funzionali al progetto editoriale, senza alcun dubbio l’Adelphi è il capolavoro di Calasso e il suo motto “faire plaisir” dovrebbe oggi essere prestato a molti.

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Roberto Calasso, L’impronta dell’editore, Adelphi, Milano 2013, pp. 164 12 euro

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