«Il ricordo mio papà partigiano da passare ai giovani di oggi e a quelli di domani»

La lettera di Giuseppina Buttafava di Casale

Ricordare il 25 aprile sembra retorica, la lotta di liberazione è l’eredità più preziosa che ci ha lasciato. La democrazia, oggi come ieri, piena di contenuti, il più delle volte si da per scontata.

Ognuno di noi deve essere portatore dei valori dei nostri padri e nonni, che hanno lottato per un’Italia libera, una società giusta a misura d’uomo. Voglio ricordare il mio paese, ora città, Casalpusterlengo: non si può dimenticare, per la riaffermazione dei valori che furono origine della nostra resistenza, la famiglia Mirotti, che tanto ha dato. Prospero Mirotti sindaco socialista negli anni antecedenti la marcia su Roma. Giovanni Mirotti deportato a Mauthausen, da dove non fece più ritorno.

Ricordo Guerrino Pettinari, medaglia d’argento della brigata Acqui, caduto a Cefalonia dopo l’armistizio dell’otto settembre. Tre mesi dopo il cugino Enrico Pettinari caduto durante un attacco tedesco.

Ricordo i giovani che si erano rifiutatati di arruolarsi nella repubblica mussoliniana di Salò aderendo alle formazioni partigiane.

Ricordo Gianni Galuzzi, partigiano di Giustizia e libertà, caduto nel novembre 1944, aveva 19 anni. Oggi 25 aprile ricordo mio padre Pietro Buttafava, partigiano della brigata Giustizia e libertà che combattè in Val Tidone e ricordava un duro attacco tedesco al suo gruppo arroccato a Rocca d’Olgisio: durò tre giorni, si subirono gravi perdite da ambo le parti. Testimonianza di un impegno sacrosanto che ispirò la Resistenza e di un amore per la libertà, contro ogni dittatura che purtroppo ancora esiste nel nostro mondo.

Parole oggi uscite dal mio cuore nel ricordo di quel che ha vissuto mio padre Pietro, partigiano, che passo ai giovani di oggi e ai ragazzi del domani.

Giuseppina Buttafava

Casalpusterlengo

Signora Giuseppina grazie della lettera. Scritta a mano - ormai una rarità - e fattami pervenire pochi giorni fa. Grazie per il messaggio che con molta umiltà ha scelto di tramandare alle giovani generazioni. Lo scorso gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, Liliana Segre si è chiesta se passata la sua generazione, quella che ha vissuto sulla propria pelle il dramma dell’Olocausto, il ricordo di quanto successe rischiasse di perdersi nell’oblio. Credo che il ricordo della Shoah non svanirà con la morte degli ultimi sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti perché nel corso dei decenni questi hanno seminato a lungo, raccontando quanto hanno patito e perché ciò è avvenuto. E oggi questi racconti sono un patrimonio comune, collettivo, su cui si fonda la nostra società. Non a caso i negazionisti sono ai margini. Allo stesso modo, il valore della Resistenza e della lotta di Liberazione non si affievolirà con la morte degli ultimi partigiani, perché anche in questo caso i loro racconti e le loro testimonianze sono ormai patrimonio collettivo. E non sarà qualche maldestro tentativo neofascista di negare quanto successo dopo l’8 settembre 1943 a mettere in dubbio quella che è - seppur nella sua complessità e con episodi di brutale violenza anche tra le fila partigiane - una verità storica che il nostro Paese ha assimilato in maniera matura, al di là del colore politico: la Repubblica di Salò è stata un’entità fantoccio nelle mani dei nazisti, l’Italia è stata liberata con il sangue dei partigiani rossi e bianchi e con quello degli alleati angloamericani a cui dobbiamo infinita riconoscenza. Ed è stata liberata grazie anche alle decine di migliaia di soldati italiani che dopo l’8 settembre 1943 hanno detto no alla Repubblica di Salò e per questa scelta sono finiti nei campi di concentramento nazisti: si chiamano internati militari, sono un altro pezzo della nostra Resistenza.

Lorenzo Rinaldi

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