L’INTERVISTA Il destino incerto e tragico del Niger

Don Domenico Arioli, sacerdote lodigiano, è stato per diciotto anni missionario in Africa

Settimana scorsa, il mondo si è accorto (ma durerà poco) che esiste anche il Niger. Nello stato africano Abdourahmane “Omar” Tchiani, il capo della Guardia presidenziale, si è autoproclamato nuovo capo del governo dopo il colpo di stato e la deposizione di Mohamed Bazoum, il presidente eletto nel 2021.

Sicurezza, economia e corruzione: questi i problemi del paese raccontati in un discorso in diretta radiotelevisiva dallo stesso Tchiani, che però nel contempo ha annunciato anche di voler chiudere le frontiere e imporre il coprifuoco. Per capire meglio la situazione, ci siamo affidati al punto di vista di don Domenico Arioli, per diciotto anni missionario in Niger, fino al 2019.

Prima di capire cosa ha portato a questa situazione, partiamo dall’oggi: cosa sta succedendo in Niger?

«Quello che so lo so leggendo i giornali locali, parlando con i contatti che ho ancora in Niger, so che c’è stato un cambio al vertice del potere, ma soprattutto una dichiarazione forte di presa di distanza dalla Francia che, nonostante abbia formalmente liberato le colonie, continua ad avere i suoi interessi in Niger. I golpisti hanno sicuramente sbagliato nei metodi, ma esprimono una idea diffusa del popolo nigerino, che si sta risvegliando e non vuole più essere sottomesso agli stranieri».

Abbiamo visto le bandiere russe nelle manifestazioni: che ruolo ha la Russia in questo scenario?

«Anche la Russia ha i suoi interessi e vuole mettere le mani sull’Africa, da sempre. Ma in Niger è vista come una risposta a un Occidente che si è dimostrato inaffidabile, proseguendo politiche di stampo coloniale. Il popolo del Niger ha preso coscienza di questo, è uscito dall’ignoranza, e vuole essere artefice del suo destino, con tutti i suoi limiti».

Il problema è solo l’Occidente, quindi?

«L’Occidente sicuramente sta facendo i propri interessi. Nel 2019 c’era anche una guarnigione italiana in Niger: dicevano ufficialmente che si trattava di addestratori per l’esercito, magari ci sono interessi legati alla vendita di armi. Proprio pochi giorni fa Domenico Quirico sulla Stampa scriveva una frase condivisibile: l’Occidente sta sostenendo l’ampliamento dell’esercito nigerino, per i propri interessi, mentre la gente vive nella miseria, nelle catapecchie».

Qual è il ruolo della comunità internazionale in questo colpo di stato?

«Al momento stiamo a guardare, ci diciamo che l’Occidente sta perdendo un appoggio in centrafrica, o ancora peggio, ci allineiamo alla narrazione dei francesi, secondo cui il Niger è ingrato. Non è un caso che il nuovo leader abbia minacciato di ritorsioni in caso di ingerenze francesi».

Cosa potremmo fare di diverso?

«L’Europa, che si pone come faro di civiltà e democrazia, non può permettersi di proseguire con un atteggiamento di copertura e di appoggio di politiche neocolonialiste, nel disinteresse dei popoli europei che, purtroppo, non sanno o fanno finta di non sapere certe dinamiche. Bisogna ragionare sulla possibilità di cambiare il nostro atteggiamento nei confronti dell’Africa, ma purtroppo ai nostri leader fa comodo così: fa comodo avere governi compiacenti, perché ci sono di mezzo troppe questioni importanti, che si chiamano uranio, petrolio, diamanti, migranti.

La chiamiamo “ragion di stato”: un termine che sembra pulito, ma che nasconde spesso la capacità di abdicare a qualsiasi tipo di morale per a favore di interessi economici o di potere».

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