La carta d’identità dell’Adda

E cosa è successo negli ultimi giorni

Nel numero di Tarantasio in edicola il 10 novembre, vogliamo proporre una “carta di identità” del fiume Adda, di cui tanto si è parlato nei giorni scorsi per il rischio di piene. Vediamo di capire meglio il nostro fiume.

L’identikit

L’Adda è uno dei principali fiumi dell’Italia settentrionale ed è il fiume che bagna anche il territorio Lodigiano, segnando in più punti il suo confine con la provincia di Cremona.

Ecco alcune caratteristiche principali:

Posizione: Il fiume Adda scorre principalmente attraverso la regione Lombardia, ma attraversa anche la Svizzera e la regione della Lombardia in Italia. Nasce dalla regione delle Alpi Retiche, nei pressi del Passo dello Stelvio, e sfocia nel fiume Po nei pressi della città di Cremona.

Lunghezza: Il fiume Adda ha una lunghezza di 313 chilometri, è quindi il quarto fiume in Italia per lunghezza, dopo il Po, l’Adige e il Tevere.

Bacino idrografico: Il suo bacino idrografico su allarga sulle province di Sondrio, Como, Lecco, Bergamo, Brescia e Cremona: per ampiezza, è il sesto tra i fiumi italiani.

Storia: Il fiume Adda è stato di grande importanza storica ed economica per la regione Lombardia e per la città di Lodi. Proprio all’altezza di Lodi, è stato teatro di una importante battaglia della Campagna d’Italia di Napoleone, che il 10 maggio 1796 combatté sul ponte la retroguardia dell’esercito austriaco, uscendo vincitore. Accanto al ponte, in piazza Barzaghi, c’è una lapide che la ricorda.

Natura: L’area intorno al fiume Adda è particolarmente importante dal punto di vista naturalistico, tanto che c’è un parco regionale che si chiama Parco Adda Sud, che si occupa della tutela del territorio poco antropizzato che circonda il fiume, e comprende anche molte zone della provincia di Lodi.

Ecco il collegamento al sito internet del parco e, in particolare, alle iniziative pensate in ambito di educazione ambientale: Clicca qui

L’Adda che fa paura.I lodigiani convivono con l’Adda da centinaia di anni, e sono abituati al fatto che spesso il nostro fiume ha il brutto vizio di esondare.

L’episodio più grave degli ultimi decenni è stata sicuramente l’alluvione del novembre 2002, quando il fiume allagò tutta la parte bassa della città, esondando in più punti, facendo danni per milioni di euro e mettendo seriamente a rischio la vita dei lodigiani.

Ecco il racconto di ciò che accadde, tratto da un articolo scritto nel ventennale della piena, il 22 novembre 2022.

«Le prime avvisaglie erano arrivate lunedì 25 novembre, ma il fiume si era fermato a 170 centimetri di livello idrometrico, con la soglia di tracimazione indicata a 270 centimetri. Era già da diversi giorni che l’Adda era sorvegliato speciale per via delle eccezionali piogge di quelle settimane, ma nulla ancora faceva presagire il disastro. Anzi. Nella serata di lunedì la situazione stava migliorando. Ma era un’illusione: le piene degli affluenti dell’Adda a monte, la pioggia di quel martedì 26 novembre portarono il livello del fiume alla quota record, mai registrata in precedenza di 343 centimetri. Era l’1,30 di notte di mercoledì 27 novembre. A 300 centimetri era indicata la soglia di “piena con ritorno a 200 anni”, un evento stimabile appunto unico nei 200 anni per entità. Le difese spondali realizzate in questi 17 anni a Lodi sono state pensate proprio per resistere a “piene con ritorno a 200 anni”, come quella del 2002. Venti anni fa. Venti anni che per molti significano poco, perché hanno negli occhi ancora quello che accadde in quei due giorni, e poi nelle settimane successive. Per tutto il 26 novembre l’Adda crebbe a 15 centimetri l’ora, cominciando a tracimare ovunque, soprattutto in Campo di Marte, in parte minore al Revellino, e in città bassa. Furono 3mila le persone evacuate in via del Capanno, Lungoadda, Ferrabini, Cavallotti, Massena, Borgo Adda, Defendente. In 500 dormirono fuori casa, da amici e parenti, ma anche nella palestra della scuola media Spezzaferri, allestita con 100 brande dalla Croce Rossa Italiana. Altre 500 erano pronte al Palacastellotti, ma non ce ne fu bisogno. Il Comune distribuì 600 pasti agli sfollati. La città brulicava di lampeggianti, carabinieri, polizia locale e vigili del fuoco, tanti vigili del fuoco. Quelli di Lodi, ma anche quelli di Pavia, Cremona, Mantova, persino di Ancona e Firenze chiamati in supporto. Nelle cascine, nelle case, nei negozi e nelle fabbriche, la disperazione. Chi 50 centimetri, chi 70 centimetri, tutti in città bassa fecero i conti con allagamenti. Il tribunale finì sott’acqua, l’ospedale fu costretto a chiudere i ricoveri, i ponti furono chiusi. La gente faceva i conti dei danni, tra acqua e fango, e lo fece a lungo dopo quella notte infinita. Non ci furono vittime, quasi un miracolo per la situazione che si creò. Per tanti il ricordo di quella notte è rimasto impresso nella memoria con chiarezza a lungo, per qualcuno lo è ancora. Chi non c’era o era troppo piccolo può farsene un’idea con le cronache del «Cittadino» di allora. Raccontarono una città che si scoprì improvvisamente indifesa, in totale balia del suo fiume. Quello che non si vuole ripetere mai più.»

Da allora, sono stati realizzati importanti interventi di difesa spondale, che ad esempio nel 2014 hanno protetto la città, e anche settimana scorsa, quando l’onda di piena è arrivata a 189 centimetri sullo zero idrometrico (ben lontani dal record di 343, registrato nel 2002), hanno fatto sì che la popolazione potesse stare tranquilla.

I centimetri sopra lo zero idrometrico sono un dato importante, ma per far capire meglio di cosa stiamo parlando, pensate che d’estate, quando il fiume è basso basso, si può scendere anche a 30 metri cubi al secondo di portata. Settimana scorsa, è arrivato a superare i mille, e durante la grande alluvione superò i 1600 metri cubi di portata. Significa 1 milione e 600mila litri al secondo che provano a passare nello stesso letto del fiume, più di un milione di bottiglie d’acqua di quelle grosse.

Eppure, nonostante gli argini rialzati e le paratie, ogni volta che il mese di novembre regala tanta pioggia, e il fiume inizia a correre veloce e ad assumere il colore del fango, tanti lodigiani (soprattutto chi vive nelle zone vicino al fiume) iniziano a guardare gli aggiornamenti delle notizie e i dati pubblicati dalle istituzioni, misurando il livello del lago di Como (da cui proviene l’Adda) e quello del fiume Brembo, che si infila nell’Adda aumentandone la portata.

Un sito molto utile si chiama laghi.net e riporta tutte le informazioni dei vari fiumi e laghi in Lombardia.

Non dimentichiamo, infine, che l’Adda è l’ultimo nascondiglio di Tarantasio...

© RIPRODUZIONE RISERVATA