Uscita dei quattordicenni: di chi è la responsabilità?

di Corrado Sancilio, preside dell’Istituto tecnico “Agostino Bassi” di Lodi

Per l’art. 591 del codice di procedura penale del 1930: «Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici…. e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni». Una misura legislativa di carattere generale, in cui sono incappati e condannati un mio collega e una docente con riferimento a un fatto accaduto nel 2003. Cosa è accaduto?

Che un bambino all’uscita da scuola viene investito da un autobus di linea, morto per le ferite riportate. Processi dopo processi fino alla recente sentenza della Corte di Cassazione: il preside in quanto responsabile dell’organizzazione scolastica e l’insegnante che aveva in custodia l’alunno e che lo ha lasciato libero di uscire al termine delle lezioni, sono colpevoli. Forse che a seguito di una sentenza dell’alta Corte scopriamo ora che gli alunni fino al compimento del quattordicesimo anno non possono essere lasciati soli all’uscita da scuola? Eppure storicamente è sempre stato così. Molti regolamenti d’istituto lo prevedono.

Mamme e nonni sono sempre presenti all’uscita degli alunni dalle scuole elementari, mentre per le medie quasi tutti gli alunni tornano a casa da soli. Nuove disposizioni, dunque, dovranno disciplinare l’uscita degli alunni, di contro sempre più mamme si mostrano arrabbiate per certe decisioni prese da alcuni presidi. Si apre un altro fronte di tensione con i genitori che aumenterà man mano che i presidi decideranno eventualmente di adeguarsi alla sentenza della Corte di Cassazione, come se non bastassero quelli già esistenti: la guerra della schiscetta, le strutture scolastiche fatiscenti, la lotta dei cellulari in classe, le contestazioni sulla carenza di insegnanti di sostegno, lo scontro per i vaccini e chi più ne ha più ne metta.

Eppure sarebbe sufficiente che il Regolamento d’Istituto, approvato dagli Organi Collegiali, regolamentasse in modo chiaro l’uscita degli alunni da scuola e tutto si risolverebbe. Ricordo che da alunno delle elementari ero accompagnato a casa, assieme ad altri, da Pasqualino con il suo furgone adattato con panche laterali e centrali rigorosamente in legno. Durante le medie, però, facevo chilometri a piedi per andare e tornare da scuola, da solo, con la cartella che passavo da una mano all’altra a causa del peso, (non era ancora nato il trolley) talvolta affidando a San Giuseppe da Copertino l’interrogazione che mi aspettava.

Durante il tragitto con la mente davo una ripassata stile Bignami. Forse troppo Bignami. La strada che percorrevo mi dava anche un’opportunità di gestire autonomamente e in libertà le decisioni che prendevo. Decidevo da solo quando e come attraversare gli incroci, se correre perché in ritardo o rallentare per arrivare volutamente in ritardo ed evitare così la lezione del solito professore che mi stava ….. antipatico; fermarmi da Saverio per comprare il panino con la mortadella o tenermi le trenta lire e non dire niente a mamma; organizzarmi alla bene o meglio quando pioveva tra ombrello, cartella e fogli da disegno arrotolati sotto il braccio, il tutto con ai piedi scarpe dalle suole col buco riparato con dell’ovatta nel calzino allo scopo si darmi equilibrio nel camminare. Almeno così mi diceva mia madre. Altro che equilibrio!

A sera avevo la pianta del piede che scoppiava. Ma quelli erano i tempi e quelle le situazioni. Si andava e si tornava da scuola da soli con in testa pochi pensieri. Così giorno dopo giorno si cresceva fino a ritrovarci adulti con i problemi dei grandi.

E oggi? Oggi si è adulti ancor prima di vivere l’adolescenza e così molti ragazzi non sanno di essere adolescenti e non vivranno da buoni adulti. Talvolta vediamo in giro bambini privati persino della loro fanciullezza. Arrivano a scuola con gli smartphone inconsapevoli del potenziale tecnologico che hanno tra le mani; vanno in giro con i soldi in tasca pronti a spenderli per stupidaggini; sognano di diventare campioni, accontentandosi dei deludenti risultati scolastici. I conti non tornano. Li trattiamo da adulti e li lasciamo soli, mentre i giudici ci dicono che sono piccoli e che vanno accompagnati. In mezzo a questo fuoco incrociato ci sono i presidi che si sentono investiti improvvisamente di responsabilità che tali non erano considerate.

Ma la legge è legge e a ricordarcelo è la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli. Su questo nessun dubbio, nessuna osservazione, tuttavia se la legge entra in contraddizione con una consolidata tradizione da una forte connotazione sociale, allora bisogna forse cambiare la legge. Compito, questo, affidato all’Onorevole Simona Malpezzi della Commissione Bicamerale “Infanzia e adolescenza” nonché responsabile scuola del Partito Democratico impegnata a rivedere la legge e correggerla nelle parti in cui individua precise responsabilità di presidi e docenti. Verrà risolto il problema? Boh? Ho dei dubbi.

Intanto è bene sapere che ci sono ragazzi minori di 14 anni alquanto attivi nel volontariato, che consegnano pizze a domicilio in motorino come speedy pizza, che distribuiscono volantini promozionali, che organizzano dei mercatini per vendere merce trovata in cantina, che aiutano i più piccoli a fare i compiti, eppure non possono essere lasciati soli al termine delle lezioni. Per la legge non sono responsabili. Mah? Ha ragione Jean-Paul Sartre: «È vero che non sei responsabile di quello che sei, ma sei responsabile di quello che fai di ciò che sei».

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