LODI Libertà religiosa a rischio in 61 paesi del mondo

È quanto emerge dalla XVI edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs)

Nel contesto di un clima globale estremamente teso, la libertà religiosa è stata violata in Paesi in cui vivono più di 4,9 miliardi di persone. In 61 Paesi sono state riscontrate gravi violazioni della libertà religiosa nei confronti dei cittadini.

È quanto emerge dalla XVI edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs). Il periodo preso in esame va da maggio 2021 a dicembre 2022. A soffocare i fedeli delle minoranze religiose sparse nel mondo sono “attacchi terroristici, sorveglianza di massa, leggi anti-conversione, restrizioni finanziarie, manipolazioni elettorali, attacchi al patrimonio culturale, manipolazioni dei registri della popolazione”.

Tre le categorie in cui i Paesi vengono suddivisi: Rossa, Arancione e Sotto osservazione. La categoria Rossa, che denota l’esistenza di persecuzioni, include 28 Paesi che ospitano 4,03 miliardi di persone, le quali complessivamente rappresentano più della metà (51,6 per cento) della popolazione mondiale. Di questi 28 Paesi, 13 si trovano in Africa, dove in molte regioni la situazione è drasticamente peggiorata.

Nel Rapporto Acs denuncia che “a livello globale, il mantenimento e il consolidamento del potere nelle mani di autocrati e leader di gruppi fondamentalisti hanno portato a un aumento delle violazioni di tutti i diritti umani, inclusa la libertà religiosa. Una combinazione di attacchi terroristici, distruzione del patrimonio e dei simboli religiosi (Turchia, Siria), manipolazione del sistema elettorale (Nigeria, Iraq), sistemi di sorveglianza di massa (Cina), proliferazione di leggi anti-conversione e restrizioni finanziarie (Sud-Est asiatico e Medio Oriente) ha intensificato l’oppressione di tutte le comunità religiose”.

Esistono anche casi “ibridi” di persecuzione “educata” e al tempo stesso feroce che sono diventati più frequenti. Nella maggior parte dei casi, si legge nel Rapporto, i governi hanno applicato leggi controverse che limitavano la libertà religiosa o discriminavano alcune comunità religiose, senza che vi fosse alcuna protesta. Allo stesso tempo, gli attacchi violenti contro coloro che appartengono alla religione “sbagliata” sono stati “normalizzati” e in larga parte non perseguiti (America Latina). Aumenta anche il numero di comunità religiose maggioritarie che subiscono persecuzioni, come in Nigeria e Nicaragua. Sale anche la “cultura dell’impunità” complice “la risposta estremamente silenziosa della comunità internazionale alle atrocità commesse da regimi autocratici come Cina e India. Anche Nigeria e Pakistan sono sfuggiti a sanzioni internazionali e ad altre condanne in seguito a segnalazioni di violazioni della libertà religiosa ai danni dei loro stessi cittadini.

Cambiano le tattiche delle reti jihadiste transnazionali in Africa dove si assiste all’ascesa di “califfati opportunistici”, dalla conquista e dalla difesa di territori prestabiliti si è passati ad attacchi “mordi e fuggi” mirati a creare comunità isolate, come in Mozambico, in aree rurali scarsamente difese, preferibilmente dotate di risorse minerarie (Repubblica Democratica del Congo). La tendenza oggi è imporre tasse e commercio illegale, dando vita a uno Stato nello Stato. L’insicurezza e la mancanza di controllo governativo hanno portato a rivolte e colpi di Stato militari (due in Mali e uno in Burkina Faso). Tensioni interne anche nelle comunità islamiche dove da un lato “i giovani diseredati, impoveriti e frustrati sono sempre più attratti dalle reti terroristiche e criminali islamiste (Africa)” e dall’altro, in particolare in Iran, “un numero crescente di musulmani si auto-identifica come non osservante o non credente”. Cresce, poi, la persecuzione dei musulmani, anche da parte di correligionari: “La persecuzione brutale è continuata in Cina contro gli uiguri, e anche i musulmani in India e Myanmar hanno subìto discriminazioni e persecuzioni”. Sono stati segnalati sempre più episodi rilevanti di persecuzione intracomunitaria tra musulmani sunniti e sciiti (hazara in Afghanistan), tra interpretazioni musulmane nazionali e “straniere”, nonché tra forme dominanti e cosiddette “devianti” dell’Islam (ahmadi in Pakistan). Non va meglio per la comunità ebraica in Occidente che vede aumentare il numero di aggressioni subite dopo i lockdown imposti a causa della pandemia di Covid-19. I crimini di odio antisemita segnalati nei Paesi Osce, e riportati nel Rapporto, sono aumentati da 582 nel 2019 a 1.367 nel 2021.

Restano in gran parte impuniti in Africa Occidentale e Pakistan “i rapimenti, le violenze sessuali, che includono la schiavitù sessuale, e la conversione religiosa forzata. In decine di Paesi, le donne e le ragazze appartenenti a minoranze religiose hanno sofferto particolarmente di questa forma di violenza”. A minare le libertà fondamentali è poi “il controllo crescente, che comprende il sistema di sorveglianza di massa sui gruppi religiosi. In Occidente, i social media sono stati utilizzati per emarginare e prendere di mira i gruppi religiosi”.

Proliferano, in India e Pakistan, contenuti sprezzanti nei confronti delle fedi minoritarie nei libri scolastici, così come in Asia e Nord Africa sale il numero di leggi anti-conversione, nonché di iniziative di riconversione che offrono vantaggi economici a coloro che aderiscono alla religione di maggioranza o vi ritornano.

Punti positivi. Dal Rapporto emerge la partecipazione record alle celebrazioni religiose popolari dopo le restrizioni imposte a causa del Covid. Dopo tre anni di sospensioni e restrizioni nella maggior parte delle aree del mondo, il ripristino delle principali celebrazioni religiose – espressioni pubbliche della religiosità popolare – ha attirato milioni di fedeli.

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