La rete sta fallendo il compito di portare lavoro e democrazia

di Paola Della Torre

La rete è in pericolo. La rete non è sicura. La rete sta fallendo il suo compito di portare pace, lavoro e democrazia. Negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli appelli contro questo scenario catastrofico, conquistando la ribalta dei giornali e poco più. C’è però chi non sta a guardare. Per scongiurare questa deriva la società civile si incontra negli Internet governance forum (Igf). Si tratta di luoghi fisici e virtuali dove esperti, imprese, governi e cittadini discutono di come mantenere la rete Internet aperta, libera e solidale.

Qualcuno potrebbe credere che non ce ne sia bisogno perché Internet ormai ce la portiamo in tasca, nel telefonino. Ma questo non è vero, perché Internet è una risorsa scarsa e il suo buon funzionamento dipende dall’armonioso incontro di tanti soggetti: fornitori di connettività, legislatori, imprenditori e creatori di contenuti.

Per questo motivo è stato organizzato un summit dall’Università di Bologna con il supporto di soggetti quali la Fondazione Marconi, l’Icann e l’Internet Society, che hanno messo a confronto tecnici, accademici e imprenditori appartenenti a schieramenti diversi. Il compito chiesto a tutti è stato di fare un passo in avanti nella gestione dei problemi che attanagliano la rete: dalla diffusione iperveloce e acritica delle fake news alla certificazione di hardware e software sicuri, dalla tutela della privacy online alla blockchain e all’intelligenza artificiale fino al tema dei diritti umani e civili, la libertà d’espressione e la tutela del copyright.

Questioni secondarie in un mondo iperconnesso? Niente affatto. Nell’ultimo anno ci sono stati circa 60 Internet shutdowns in cui i governi, dal Congo alla Turchia, hanno impedito ai propri cittadini di accedere a Twitter, Facebook, radio e tv online. Numerosi blogger sono stati incarcerati in India e Arabia Saudita, i responsabili del voto elettronico in Africa rapiti e torturati, funzionari governativi “pedinati” online ed eserciti informatici scatenati per rubare dati, soldi e informazioni riservate. Anche in Italia. E allora immaginiamo che mondo è quello dove le cyberarmi create dalla Nsa statunitense finiscono nella mail di delinquenti che poi infettano i sistemi sanitari, oppure a quello che accade quando una tecnologia di sorveglianza viene usata per registrare i comportamenti dei nostri bambini. È già successo. Immaginate ancora se un Internet service provider decidesse di silenziare un giornalista scomodo, un blog antimafia, una cooperativa sociale. È proprio quello che da qualche giorno potrebbe già succedere visto che gli Usa, nella voce del loro Presidente Trump, hanno deciso di abolire la neutralità della rete, quel principio fondante di Internet secondo cui tutti gli attori hanno lo stesso diritto a esprimersi e comunicare in rete in maniera paritaria senza corsie preferenziali garantite a chi paga di più.

Proprio per impedire abusi e discriminazioni e combattere il digital divide che tiene fuori dalla rete ancora un miliardo di persone le Nazioni Unite nel 2005 decisero di mettere in mano a tutti i cittadini, singoli e associati, il futuro di Internet, facendoli incontrare negli Internet Governance Forum per capire insieme come garantire libertà, sicurezza e sviluppo della rete stessa. Ed è per questo che l’Italia da nove anni è in prima fila per discuterne con tutti le modalità di una governance della rete condivisa e paritaria. Il “parlamentino” di Internet si occupa della crescita di consapevolezza dei portatori d’interesse, della costruzione di un linguaggio comune e delle buone pratiche da condividere tra tutti gli attori interessati. Non si occupa di leggi e di sanzioni. Il viaggio fino ai parlamenti nazionali di queste buone pratiche partorite dal basso è purtroppo ancora un’altra storia.

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