
Editoriali / Lodi
Giovedì 12 Giugno 2025
La nuova America di Trump e la crisi dei Democratici
Antitrust indeboliti e repressione del dissenso: gli Stati Uniti sono ancora una democrazia liberale?
Ma gli Stati Uniti sono ancora una democrazia liberale? Fino a poco tempo fa, porre una simile domanda sarebbe sembrato assurdo. Gli Stati Uniti d’America sono stati, per decenni, il faro della libertà, il punto di riferimento globale per tutte le democrazie liberali. La loro Costituzione, il sistema di pesi e contrappesi, la separazione dei poteri e la protezione delle libertà individuali hanno ispirato Paesi e generazioni. Oggi, però, questa percezione inizia a incrinarsi. Qualcosa si è rotto. Qualcosa si è inceppato in quel meccanismo che sembrava invincibile.Il primo segnale di questa crisi riguarda proprio l’equilibrio dei poteri. In una democrazia liberale, nessuno – neanche il presidente – dovrebbe avere un potere illimitato. Eppure, negli ultimi tempi, stiamo assistendo a una concentrazione crescente del potere esecutivo, senza quei contrappesi – checks and balances – che garantiscono la tutela della Costituzione. Il Congresso appare spesso paralizzato, la Corte Suprema politicizzata, e il presidente sempre più libero di agire senza vincoli sostanziali.
Ma c’è di più. È in atto una preoccupante restrizione delle libertà personali e costituzionali. I diritti civili, che una volta erano la colonna vertebrale dell’identità americana, oggi sembrano sotto attacco. Le immagini trasmesse dai telegiornali delle recenti manifestazioni a Los Angeles, San Francisco e in altre città non possono lasciare indifferenti. La presenza della Guardia Nazionale e la repressione delle proteste, ufficialmente giustificata da esigenze di ordine pubblico, si caricano in realtà di un forte valore politico. Quelle manifestazioni, infatti, sono nate in risposta alle controverse politiche migratorie dell’attuale amministrazione, e la risposta dello Stato ha il sapore amaro di una repressione del dissenso.
Non meno inquietanti sono gli attacchi rivolti alle istituzioni educative. Le critiche sembrano parte di una strategia più ampia per delegittimare il ruolo critico della cultura e del sapere nella società. In questo contesto si inserisce anche la proposta di legge finanziaria, che prevede drastici tagli allo Stato sociale e al sistema educativo, a fronte di un aumento allarmante del debito pubblico nei prossimi dieci anni. Tutto ciò in netta contraddizione con le promesse elettorali di risanamento dei conti.
A rendere il quadro ancora più cupo è l’assenza di una leadership chiara e autorevole all’interno dell’opposizione democratica. Di fronte a derive così marcate, il Partito Democratico sembra incapace di proporre una visione alternativa, un progetto coerente capace di catalizzare il consenso e di contrastare con efficacia l’erosione progressiva dei principi democratici.
Ma il segnale forse più eloquente della crisi della democrazia americana viene dall’esterno: è la fuga del turismo. I numeri parlano chiaro. Secondo gli ultimi dati, gli arrivi sono diminuiti del 23% dal Canada e dal Messico, del 17% dall’Europa, del 16% dal Giappone e dalla Nuova Zelanda e del 10% dall’Africa. Non si tratta solo di una questione economica. È un sintomo più profondo: il mondo percepisce gli Stati Uniti come un Paese meno aperto, meno accogliente, meno stabile. In poche parole: meno democratico.
A tutto ciò si aggiunge il crollo dei meccanismi antitrust, un tempo vanto dell’America. La progressiva scomparsa di controlli efficaci ha permesso a pochi individui e corporazioni di accumulare capitali smisurati, con un’influenza politica straordinaria e sempre meno regolamentata. Questo squilibrio non è solo economico: è un attentato diretto alla rappresentanza democratica, perché sposta il baricentro del potere fuori dalle istituzioni e nelle mani di soggetti privati, spesso non eletti, non trasparenti e non responsabili di fronte ai cittadini.
Per secoli, l’America ha incarnato ideali come la libertà, l’innovazione e l’opportunità. Oggi, invece, sta vivendo una crisi di fiducia, che non è solo politica o economica, ma valoriale. È una crisi d’identità, una frattura nella narrazione che ha reso gli Stati Uniti una potenza globale non solo militare, ma morale. La domanda iniziale, che fino a poco tempo fa sembrava retorica, ora suona come un campanello d’allarme: gli Stati Uniti sono ancora una democrazia liberale? La risposta, purtroppo, non è più scontata.
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