Euforia nel centrodestra, Renzi in grande difficoltà

di Marco Iasevoli

Alle 22.01 di domenica, puntuale, è scattato il processo a Matteo Renzi. Processo silenzioso, per ora. La posta in gioco è nota: la formazione di una coalizione di centrosinistra larga, aperta eventualmente anche a chi ha lasciato il Pd, in cui Renzi svolga un ruolo defilato a favore di una leadership più “unitiva”, come potrebbe essere quella di Paolo Gentiloni. Il segretario del Pd ha commentato indirettamente gli esiti nazionali del voto siciliano in un lungo post su Facebook dedicato stamattina all’annullamento del confronto televisivo da parte del candidato premier M5S Luigi Di Maio: «Chi è il leader del Pd lo decidono le primarie, cioè la democrazia interna. Non lo decidono le correnti, non lo decide il software di un’azienda privata, non lo decide Di Maio». Sembra una risposta a Di Maio, ma è anche una risposta a chi pensa che sarà facile fargli fare un passo di lato per favorire un ricongiungimento tra Pd e Mdp.

La presa di posizione di Renzi è legata ai dati reali arrivati dalla Sicilia, che mostrano come la coalizione di centrosinistra sia andata molto meglio di Micari. Anche il Pd alla fine si assesta su percentuali più accettabili rispetto agli exit-poll. E la somma tra la coalizione di centrosinistra e la lista-Fava porta a percentuali inferiori ma non lontanissime da quelle di Musumeci e Cancelleri. Per il segretario, vuol dire che la débacle siciliana è dovuta soprattutto alla scelta della sinistra di Bersani e D’Alema di correre separata, che avrebbe spinto parte dell’elettorato di centrosinistra a premiare la coalizione trainata dal Pd ma a concentrare il voto per il candidato-governatore su chi aveva più possibilità di successo, ovvero Musumeci o Cancelleri. «Abbiamo perso per colpa di Bersani», dice il capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato in un’intervista a Repubblica. Mentre ieri notte i primi commentatori renziani, tra i quali Davide Faraone, avevano accusato della sconfitta Pietro Grasso, il presidente del Senato che avrebbe declinato l’invito a correre come candidato-governatore del centrosinistra unito. «Prendersela con Bersani e Grasso - risponde però il prodiano del Pd Franco Monaco - è un patetico esorcismo». Poste queste condizioni, il dialogo a sinistra non sarà facile né scontato. Lo stesso Bersani mostra di crederci poco. Va però registrata la disponibilità del segretario del Pd a svolgere primarie di coalizione per decidere chi è il candidato premier.

Con i primi dati certi dai seggi, si è definita meglio anche la linea politica di M5S di fronte al probabile secondo posto di Cancelleri dietro Musumeci. «Siamo la prima forza politica del Paese e abbiamo tenuto testa alla grande all’accozzaglia del centrodestra e superato ampiamente quella che sarebbe formata da centrosinistra e sinistra. A neutralizzare il Rosatellum sarà il voto dei cittadini. Da domani sono al lavoro per portare il Movimento 5 Stelle tra quattro mesi davanti al Presidente della Repubblica per ricevere l’incarico di Governo». Assorbire la sconfitta, quindi, e capitalizzare i consensi siciliani su scala nazionale per chiedere al capo dello Stato il mandato a governare in qualità di primo partito.

Lorenzo Guerini, dirigente di primo grado del Pd vicinissimo a Matteo Renzi, esprimeva alla lettera le valutazioni del segretario dem circa il voto siciliano: l’insuccesso va archiviato subito e il tutto va derubricato alle dinamiche isolane. Ciò che conta è rimettersi in carreggiata per costruire una coalizione ampia per competere con M5S e centrodestra a livello nazionale.

Tuttavia, prima di poter realizzare questo disegno, Matteo Renzi dovrà superare un vero e proprio processo interno. Lunedì prossimo, infatti, è prevista una Direzione del Pd in cui tutti i massimi esponenti del partito chiederanno al segretario dem di mettersi a servizio di un progetto più ampio, senza pretendere di ipotecare la coalizione con una candidatura a presidente del Consiglio. Potrebbe allora fare un passo indietro, lasciando campo libero ad un leader della coalizione dal tratto più unitivo, come potrebbe essere Paolo Gentiloni?.

(da Avvenire”)

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