Nell’ultima tornata delle regionali 2025 – la più ampia per elettori potenziali – il responso delle urne non ha riservato alcuna sorpresa nel computo dei vincitori e dei vinti: Campania e Puglia sono rimaste al centro-sinistra, il Veneto alla destra. Con percentuali e distacchi così ampi da essere più o meno confrontabili con i precedenti. Quasi che la forzosa non ricandidatura dei tre big locali – Zaia, De Luca ed Emiliano – non avesse avuto ripercussioni significative, almeno non nella misura che si sarebbe potuta prevedere. Ma se si considera il dato più eclatante di questo ultimo appuntamento elettorale dell’anno – vale a dire il crollo macroscopico dell’affluenza – viene il dubbio che anche l’assenza di questi tre “campioni”, così come le polemiche spesso stucchevoli intorno alla loro sorte politica, possa aver contribuito alla mancata partecipazione. Che naturalmente ha radici più profonde, visto che stiamo parlando di cali intorno al 15% in Veneto e Puglia, di oltre il 10% in Campania. Anche con questo aspetto si dovranno confrontare i neo-eletti presidenti Roberto Fico (Campania), Alberto Stefani (Veneto) e Antonio Decaro (Puglia).
L’andamento si inserisce in una dinamica su cui ci si interroga ormai da anni e a tutti i livelli. Senza partecipazione non c’è vera democrazia e questo è tanto più vero in una fase in cui sia sul piano internazionale, sia su quello interno, tutti gli equilibri sono messi in discussione.
Sull’astensionismo agiscono anche degli elementi specifici che si attivano in modo particolare in occasione del voto regionale. Gli esperti hanno messo in luce, per esempio, che nelle liste elettorali sono iscritti molti residenti all’estero che, a differenza di quanto avviene nelle politiche, per votare dovrebbero venire in Italia e questo non accade se non in minima parte. Nel confronto con il passato pesa anche il fatto che nel 2020 eravamo in piena pandemia e questa circostanza aveva esaltato il ruolo dei “governatori”. Oggi, al contrario, la dimensione dei problemi internazionali e soprattutto la loro scala istituzionale sembra aver messo in ombra il ruolo delle Regioni, che pure hanno conservato i loro poteri decisivi in campo sanitario. Ma forse anche per la presenza di un governo centrale forte tali poteri appaiono oggettivamente sempre meno rilevanti, proprio mentre paradossalmente nella stessa maggioranza che esprime l’esecutivo c’è chi cerca di rilanciare l’autonomia differenziata.
L’analisi dal punto di vista dei partiti e degli schieramenti registra, tra gli altri, due esiti maggiormente significativi. Sul lato del centro-destra il risultato che spicca è il mancato sorpasso di FdI sulla Lega in Veneto. Dal lato del centro-sinistra la vittoria del cinquestelle Fico in Campania è un segnale di tenuta per l’ipotesi del “campo largo”. Nel primo caso si tratta di una battuta d’arresto per Giorgia Meloni, nel secondo di una conferma per Eddy Schlein, mentre all’orizzonte si profila un ruolo tutto da scoprire per Decaro, in seguito a un successo travolgente che ha molto di personale. Ma tutti dovranno fare presto i conti con il problema sempre più emergenziale della caduta della partecipazione politica che richiederebbe per una volta uno sforzo convergente e coeso.
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